Piccoli cadaveri accatastati lโuno sullโaltro. Buste di plastica e lenzuola sporche di sangue e terra cercano di nascondere i segni della cattiveria umana. Corpi insanguinati, mutilati, sfregiati. Siamo aย Beslan, repubblica autonoma nella federazione russa, luogo diventato tragicamente noto per il massacro avvenuto fra il 1ยฐ e il 3 settembre 2004, quando un gruppo di ribelli fondamentalisti islamici e separatisti ceceni occupรฒ un edificio scolastico, portando alla morte di centinaia di persone, fra le quali 186 bambini. Attraverso le fotografie, abbiamo visto con i nostri occhi, bambini dagli esili corpicini straziati, con ancora il viso segnato dal terrore; abbiamo letto nei loro occhi la paura. Paura di non rivedere piรน la propria mamma, di non poter piรน ritornare nelle loro casa, paura di non poter piรน riabbracciare il proprio papร . Credo esistano casi, come questo, in cui le parole, anche le piรน belle, non bastino. E cosรฌ, in ausilio di banali lettere che poste lโuna dopo lโaltra forse risulterebbero essere soltanto segni superflui, entrano in scena le immagini. Per Beslan come per tanti altri luoghi divenuti tragicamente palcoscenico di orrori. Immagini di stragi, omicidi, attentati. Immagini necessarie per scuotere le coscienze di tutti, apparentemente mute, ma che in realtร parlano piรน di quanto si possa pensare. Perchรฉ quando vedi il volto straziato di una madre che disperata piange in ginocchio su un marciapiede divenuto camera mortuaria per centinaia di bambini innocenti, mentre abbraccia il bianco cadavere del figlioletto nudo, vestito di solo sangue, sporco di terra e di ingiustizia, ti rendi conto che neanche mille parole sarebbero riuscite a farti capire cosa รจ successo tanto quanto quella sola immagine che non ha bisogno di commento e che probabilmente non dimenticherai piรน. E il non dimenticare รจ il primo comandamento per lโuomo che sente il bisogno di tirarsi fuori dal vortice della violenza e di lottare perchรฉ certi gesti non accadano piรน. Perchรฉ lโuomo si vergogni di essere uomo. Guardando le fotografie di stragi, genocidi e attentati un lungo brivido ti percorre la schiena, ti deve percorrere la schiena, capisci quanto lโuomo possa essere crudele e bastardo, e allora lรฌ si che rifletti. Vesti i panni in prima persona di chi รจ diventato, suo malgrado, protagonista di una tragedia, pensi che sarebbe potuto capitare a te, a tuo figlio a un tuo caro anche se vivi a migliaia di kilometri dal luogo della strage.
Sarebbe facile occultare fotografie solo perchรฉ troppo dure, non sarebbe come se si volesse nascondere la realtร di ciรฒ che, ormai, รจ accaduto? Forse รจ il voler far finta di niente, il voler credere che quanto accaduto sia solo la sceneggiatura di un film troppo violento a cui non vogliamo fare da spettatore. Ma anche se fa male, bisogna guardare in faccia la realtร . Lโuomo ha il diritto e il dovere morale di sapere, per capire. Lโuomo ha bisogno di guardare con i propri occhi, per riuscire ad aprirli davvero.