
La Sicilia si trova a fronteggiare una crisi demografica e sociale profonda, che colpisce la popolazione, le famiglie, il mondo del lavoro e le scuole. La combinazione di denatalità e crescente emigrazione sta progressivamente svuotando l’Isola di giovani e nuclei familiari, con gravi conseguenze per i servizi educativi e di welfare. Secondo i dati raccolti dalla Svimez, la Sicilia è ultima tra le regioni italiane per posti disponibili negli asili nido: 12 ogni 100 bambini, di cui solo il 6,8% pubblici, ben lontana dalla soglia minima di 25 posti prevista dal PNRR. La scarsità di strutture e supporti economici costringe quindi molte donne a rinunciare o posticipare la maternità, contribuendo alla continua riduzione della popolazione giovane e attiva.
I numeri evidenziano una situazione allarmante: tra il 2014 e il 2024 il Sud ha perso 918mila abitanti; nel solo 2024, il saldo naturale tra morti e nascite è stato negativo per 84mila unità, a cui si aggiunge la dispersione di 52mila giovani emigrati al Nord, con la Sicilia che contribuisce per circa il 10% di questo dato. La Svimez avverte che questa tendenza avrà impatti diretti e rilevanti sulla scuola: si prospetta che entro il 2035, la scuola primaria siciliana perderà quasi un quarto degli iscritti, con circa 44.811 alunni in meno rispetto agli attuali 201.559. Il calo non riguarda solamente il numero di studenti, ma mette a rischio l’intera rete scolastica, con possibili soppressioni di classi e autonomie scolastiche, e limita la disponibilità di risorse umane per sostenere l’economia e i servizi locali.
Le organizzazioni sindacali hanno raccolto con forza l’allarme. Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia, definisce denatalità ed emigrazione “due facce della stessa medaglia”: la sfiducia nelle prospettive future, la mancanza di opportunità lavorative e l’insufficienza dei servizi pubblici spingono i giovani a lasciare l’isola, contribuendo così a incrementare lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione rimanente. Mannino sottolinea quindi la necessità di azioni dirette, servono politiche mirate per lo sviluppo delle aree interne da troppo tempo ormai depotenziate, investimenti nell’istruzione e nella formazione, adeguate infrastrutture sociali e misure di welfare per sostenere famiglie e donne.
Sulla trattazione del problema, si è pronunciata anche la Cisl Sicilia mettendo in luce la forte incisione della crisi demografica sul tessuto sociale ed economico, con ricadute sulla forza lavoro e sulla perdita di capitale umano. Leonardo La Piana, segretario generale, chiede per questo di “varare un un piano straordinario per natalità e occupazione giovanile e femminile, finalizzato alla conciliazione vita lavoro, all’avvio di investimenti sull’innovazione tecnologica e al miglioramento del sistema del welfare e dei servizi”. Francesca Bellia, segretaria generale della Cisl Scuola Sicilia, ribatte offrendo una visuale alternativa alla crisi, evidenziando come il calo degli alunni possa invece rappresentare un’opportunità per migliorare l’offerta formativa e personalizzare l’istruzione, senza utilizzare la denatalità come pretesto per ridurre classi o autonomie scolastiche.
Anche Uil Sicilia si unisce al coro che lancia l’allarme prospettando un futuro sempre più desolante: secondo la segretaria generale Luisella Lionti, la perdita di 44mila alunni entro il 2035 implica meno giovani, meno famiglie e, di conseguenza, opportunità ridotte per l’Isola. “La combinazione di denatalità ed emigrazione sta prosciugando il nostro tessuto sociale ed economico, mettendo a rischio la tenuta delle scuole e dei servizi essenziali“, sostiene infine Lionti, ribadendo come investire nella scuola e nei servizi per le donne non è solo una misura sociale, ma una strategia fondamentale per garantire il futuro della Sicilia e invertire un trend che minaccia la tenuta e il futuro del territorio.
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