
Negli ultimi anni, la situazione degli affitti in Italia è nettamente peggiorata, specialmente per gli studenti universitari. La crescente domanda di alloggi nelle città universitarie, unita all’aumento dei prezzi degli affitti, ha creato un panorama scoraggiate per gli studenti italiani.
“Ho trovato una stanza singola a 650 euro, bagno condiviso, niente riscaldamento.” Non è il racconto di uno studente di New York o Londra, ma di Francesco, 21 anni, studente di ingegneria a Milano. E come lui, migliaia di altri ragazzi e ragazze in tutta Italia si trovano ogni anno a scegliere tra lo studio e la sostenibilità economica, tra l’università e la rinuncia. Il mercato degli affitti per studenti non è più solo una difficoltà, è un’emergenza sociale, che rischia di compromettere il diritto allo studio e aumentare le disuguaglianze. E la risposta delle istituzioni è, finora, quasi del tutto assente.
Chiunque abbia tentato di trovare casa in città universitarie come Milano, Roma, Bologna, Firenze o Catania conosce bene lo scenario: stanze singole offerte a 500-750 euro al mese, spesso in palazzi fatiscenti, senza regolari contratti, con spese aggiuntive non dichiarate.
Secondo i dati raccolti dal Codacons e da alcune piattaforme specializzate, i prezzi sono aumentati in media del 7-9% solo nell’ultimo anno, con punte drammatiche nei quartieri limitrofi agli atenei. E il problema non è solo economico: alla cifra elevata si sommano condizioni abitative precarie, mancanza di privacy, ambienti insalubri e totale assenza di controllo da parte delle autorità. “I proprietari sono tutelati, gli studenti no. Chi incassa è sempre favorito, mentre chi cerca casa viene lasciato solo” – denuncia il Codacons.
Senza dubbio l’aumento degli affitti mette sotto pressione gli studenti universitari italiani, che in mancanza di soluzioni abitative a prezzi contenuti sono costretti a cercare alternative fuori città, con un conseguente aumento del pendolarismo e dei costi ad esso associati. Le università italiane, nonostante siano consapevoli del problema, spesso non riescono a offrire un numero sufficiente di posti letto nei così detti studentati, lasciando la maggior parte degli universitari a dipendere dal mercato privato, che come abbiamo dedotto dai dati, continua a peggiorare.
Il peso del caro affitti non grava solo sugli studenti, ma su intere famiglie che spesso devono coprire spese da 6.000 a 9.000 euro l’anno solo per l’alloggio, oltre ai costi dell’università, dei trasporti, dei libri, del cibo.
Una famiglia con due figli universitari può trovarsi a spendere oltre 20.000 euro l’anno solo per mantenerli fuori sede.
In un Paese dove il reddito medio delle famiglie con figli studenti si aggira sui 30-35 mila euro annui, questa situazione non è sostenibile. E infatti, sempre più studenti rinunciano agli studi universitari, o rimandano l’iscrizione, oppure sono costretti a lavorare per pagarsi l’affitto, rallentando il proprio percorso formativo.
Mentre in Italia la risposta istituzionale è ferma al palo, in Europa qualcosa si muove. In Spagna, il Comune di Alcorcón – area metropolitana di Madrid – ha lanciato un piano per realizzare oltre 800 alloggi a canone calmierato, con 300 riservati a studenti e ricercatori.
Ogni appartamento misura 33 metri quadri e costa 393 euro al mese: meno della metà rispetto a una stanza singola nelle grandi città italiane.
Il progetto prevede collaborazione tra enti locali, università e Stato, con l’obiettivo di garantire un alloggio dignitoso e accessibile, considerato parte integrante del diritto allo studio.
Una proposta concreta c’è, ma resta sulla carta. Il Codacons chiede da tempo un piano nazionale per l’edilizia studentesca a canone calmierato, simile a quello spagnolo. La proposta è semplice ma ambiziosa:
Utilizzare fondi pubblici (compresi quelli del PNRR) per costruire o ristrutturare alloggi destinati esclusivamente a studenti;
Affitti non superiori a 300-350 euro al mese;
Contratti regolari e tutele per i locatari;
Coinvolgimento diretto degli atenei nella gestione degli spazi.
Una simile misura potrebbe alleggerire il peso sulle famiglie, stimolare l’iscrizione universitaria e ridurre la diseguaglianza nell’accesso alla formazione superiore. Ma il tempo stringe: ogni anno che passa senza interventi significa perdere intere generazioni di studenti a causa di ostacoli economici.
Mentre si attende un vero piano nazionale, alcune azioni immediate potrebbero già fare la differenza:
Ampliamento delle residenze universitarie pubbliche, oggi del tutto insufficienti rispetto alla domanda;
Detrazioni fiscali più generose per gli affitti studenti, anche senza requisiti stringenti (ISEE, distanza);
Voucher affitto mensili per studenti fuorisede, soprattutto per chi studia in città ad alto costo;
Registrazione obbligatoria dei contratti, con controlli più severi su chi affitta in nero;
Portali trasparenti gestiti dagli atenei, per aiutare gli studenti a trovare case sicure e a prezzi equi.
La questione degli affitti in Italia, e in particolare nelle città universitarie, è una sfida complessa che richiede interventi strutturali e mirati. Con l’aumento costante dei prezzi degli affitti e la drastica riduzione dell’offerta, gli studenti universitari si trovano in una situazione sempre più precaria ed incerta, costretti a fare scelte difficili tra costi elevati e qualità della vita. Senza dubbio servirebbero interventi ad hoc ed un maggiore sostegno da parte delle Istituzioni, per garantire un’accesso all’istruzione adeguato a tutti gli studenti.
Il caro affitti per gli studenti fuorisede non è solo una questione immobiliare, ma una sfida che tocca il cuore del sistema educativo italiano.
Lasciare che le famiglie si arrangino da sole, mentre i prezzi esplodono e i diritti vengono ignorati, significa accettare un’Italia sempre più diseguale, dove studiare diventa un privilegio.
Serve un cambio di rotta immediato, politico e culturale.
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