“La Tari pesa sulle famiglie siciliane e dell’intero Sud Italia più che nel resto d’Italia“.
Queste le parole della segretaria generale della Uil Sicilia, Luisella Lionti, sulla base dei dati che risultano dall’indagine conoscitiva condotta sulla Tari e diffusa dall’organizzazione sindacale stessa.
Il rapporto nazionale: cosa dice
Stando al Rapporto nazionale, realizzato dal Servizio Politiche Fiscali e Previdenziali della Uil, diretto dal segretario confederale, Santo Biondo, si può constatare che l’impatto sul reddito netto medio familiare della tassa sui rifiuti è di gran lunga superiore al Sud e nelle isole, con un’incidenza pari all’1,34 % (che rappresenta più del doppio dello 0,64 % del Nord-Est).
Sicilia, le città con la Tari più alta
Dall’indagine, che si basa sulla delibere tariffarie comunali e sull’ultimo dato Istat relativo ai redditi netti familiari, risulta che la città siciliana in cui si paga di più è Trapani (con ben 510, 98 euro), seguita da Siracusa (481, 46 euro). Le due città entrano così di diritto nella classifica delle dieci città italiane che presentano i costi più elevati.
Ma anche le città di Catania, con i suoi 475, 44 euro, e di Palermo (con 344, 60 euro), si posizionano al di sopra della media nazionale, ferma, invece, a 337, 77 euro. Le tariffe risultano elevate anche nelle città di Ragusa (420, 74 euro) e di Agrigento (467, 86 euro).
Meglio, invece, Messina (con 302, 60 euro) ed Enna (305, 89 euro).
Seppur al di sotto della media nazionale, Caltanissetta è passata dai 250, 09 euro dell’anno 2023 ai 327, 79 euro del 2024, registrando un aumento del 31 %.
Un divario “paradossale”
Una così evidente differenza nelle tariffe tra Nord e Sud, non fa altro che alimentare il divario tra i due “poli” d’Italia.
Queste le dichiarazioni di Luisella Lionti: “L’indagine conoscitiva Uil precisa come le famiglie di Sicilia e Sud Italia siano costrette a destinare al pagamento della Tari una quota percentuale di reddito che risulta di gran lunga superiore a tutte le altre aree del Paese. Anche così aumentano divari e diseguaglianze. Anche così si spiega perché chiediamo risorse, investimenti, per questa nostra Isola che resiste e va avanti con sempre maggiore difficoltà ma con sempre più donne e uomini che rinunciano persino a cure e cibo pur di far quadrare i conti. È urgente, mai come adesso, un confronto serrato fra parti sociali e istituzioni per trovare soluzioni condivise, rapide, concrete”.
Eppure, nonostante la Sicilia presenti una tassa sui rifiuti tra le più elevate in tutto il Paese, sono soprattutto le città dell’isola ad essere colpite maggiormente dall’emergenza rifiuti: vere e proprie discariche abusive costeggiano strade, sia periferiche che centrali, mentre la raccolta differenziata tarda ancora ad affermarsi.
“Sicilia tartassata e malservita, mentre cresce la povertà e si riducono le opportunità di lavoro dignitoso. Da poli occupazionali di importanza vitale, come il petrolchimico siracusano e la Etna Valley di Catania ma non solo, arrivano intanto segnali inquietanti di un disastro sociale annunciato“: così si esprime la segretaria generale della Uil Sicilia, Lionti.
Campanello d’allarme per il Mezzogiorno
La gravità, non sottovalutabile, di una simile condizione viene messa in luce anche da Santo Biondo, che così si esprime: “Il risultato di questa indagine è un ennesimo campanello d’allarme per il Mezzogiorno, direttamente connesso alle difficoltà e ai ritardi nell’attuazione del Pnrr, registrati dalle analisi Svimez, soprattutto in progetti di competenza delle Regioni. Tra i settori più critici, c’è proprio quello della gestione dei rifiuti, dove l’assenza di impianti moderni ed efficienti continua a tradursi in costi insostenibili per cittadini e imprese. A fronte di questa situazione i Comuni meridionali, che sono gli enti locali più esposti e con meno risorse a disposizione, si trovano soli a gestire una sfida enorme. Non possiamo più permetterci di lasciare il Sud indietro. Investire in impianti di gestione dei rifiuti significa non solo migliorare i servizi e abbattere i costi per i cittadini, ma anche creare nuova occupazione e costruire un modello di economia circolare sostenibile. La transizione ecologica non può restare solo uno slogan: è il momento di passare ai fatti, sostenendo i Comuni in questa sfida cruciale per il futuro del Mezzogiorno”.