La nave GeoBarents, nave di ricerca e soccorso di Medici senza frontiere (MSF), ha concluso le sue operazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale, un’area da sempre teatro di tragedie umanitarie, segnando la fine di un periodo intenso di interventi. La decisione di fermarsi infatti non è dovuta ad una carenza di bisogno, come dimostra il fatto che dal giugno 2021 sono state soccorse oltre 12.675 persone e compiute 190 operazioni di salvataggio, ma, alla crescente difficoltà di operare in un contesto legislativo sempre più ostile che ostacola le operazioni. Secondo MSF infatti, le leggi italiane, a partire dal decreto Piantedosi del gennaio 2023 e il suo inasprimento nel dicembre 2024, hanno di fatto reso impossibile proseguire nelle attività di salvataggio.
Le leggi e le politiche italiane sono accusate di ostacolare le attività delle navi umanitarie, mettendo a rischio le vite di chi cerca di attraversare una delle rotte migratorie peggiori. Come ha dichiarato Juan Matias Gil, capomissione di MSF per la ricerca e il soccorso in mare: «Torneremo anche per testimoniare e denunciare le violazioni commesse contro le persone migranti dall’Italia, dagli stati membri dell’Unione europea e altri attori».
Negli ultimi due anni, la Geo Barents è stata penalizzata semplicemente per aver adempiuto al proprio dovere umano e legale di soccorrere e salvare in mare delle vite altrimenti spacciate. In questo tempo infatti, a nave ha subito ben 4 sanzioni da parte delle autorità italiane per un totale di 160 giorni in cui è stata sottoposta a fermo amministrativo.
Un altro grave punto di critica riguarda la prassi delle autorità italiane di assegnare porti lontani per lo sbarco delle persone soccorse, rendendo ancora più difficoltoso il lavoro delle navi umanitarie. <<Dall’entrata in vigore del decreto Piantedosi, la Geo Barents ha trascorso metà dell’anno navigando da e verso porti lontani invece di assistere le persone in difficoltà» continua Gil raccontando come esempio il giugno 2023, mese in cui la Geo Barents, nave che può ospitare a bordo fino a 600 persone, è stata costretta a navigare per oltre mille chilometri fino a La Spezia per sbarcare solo 13 sopravvissuti, nonostante ci fossero porti molto più vicini.
«Invece di utilizzare la capacità di soccorso delle navi umanitarie, le autorità italiane ne hanno minato l’operatività. Le leggi e le politiche italiane esprimono un vero e proprio disprezzo per le vite delle persone che attraversano il Mediterraneo» afferma Margot Bernard, coordinatrice del progetto di Msf. denunciando come queste scelte non solo mettono a rischio la sicurezza delle persone soccorse, ma riducono anche l’efficacia delle operazioni di salvataggio.
La fine di queste operazioni è un durissimo colpo per chi ancora crede che l’umanità possa prevalere sulle leggi ingiuste. Ma la speranza non si spegne: Msf ribadisce il suo impegno a tornare in mare il prima possibile per continuare a salvare vite umane nel Mediterraneo centrale, dove oltre 31 Mila persone sono morte o disperse dal 2014. Conferma che continuerà a lottare e per garantire il diritto alla vita e testimoniare le continue violazioni dei diritti umani che si ripetono senza sosta da anni in uno dei percorsi migratori più letali al mondo.
MSF dimostra come l’impegno per la vita umana non conosce confini e la morte di migliaia di migranti non è un incidente, ma una tragica realtà alimentata dall’indifferenza e da fallimentari politiche migratorie, in un sistema che sembra ormai dimenticare il valore della vita umana.
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