L'Italia investe sulle spese militari, ma non su sanità e istruzione. Tutti i dati a confronto, secondo gli ultimi report pubblicati.
“Smoking gun” è un sostantivo che si traduce, letteralmente, con “pistola fumante”. In senso figurato, il termine sta ad indicare, secondo quanto riportato da Garzanti, “una prova evidente, inconfutabile”. Il Merriam-Webster, il più antico ed importante dizionario di lingua inglese creato in America dall’omonima azienda, attesta che il primo utilizzo noto di “smoking gun” sia stato registrato nel 1974. Una variante del termine, però, era già stata adoperata da Arthur Conan Doyle nel 1893, nel corso della stesura di “The Adventure of the Gloria Scott”, racconto facente parte della raccolta “The Memoirs of Sherlock Holmes”: in quello specifico testo, l’autore scriveva infatti “smoking pistol”.
A questo mezzo, all’arma, è stato dunque affibbiato un doppio significato: da una parte quello più funzionale ed istintivo, dall’altra uno più simbolico e logico. Ma cosa si ottiene comparando questi due significati, mettendoli l’uno sull’altro?
Nello scenario di una qualsiasi conversazione in merito alle armi e al loro utilizzo sono sempre alte le probabilità che si accenni al rapporto di amore/odio che gli States hanno nei confronti di questi strumenti.
Risulta, infatti, ininfluente il valore della “tenera età” posseduta dagli Stati Uniti d’America: nonostante questa nazione abbia, appunto, una storia indubbiamente più giovane rispetto a quella europea, la complessità del suo rapporto con le armi da fuoco ha origine già dalle prime pagine della propria costituzione. “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, una ben organizzata Milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare Armi non potrà essere violato”: questo il testo del Secondo Emendamento, ratificato nel dicembre del 1791.
Il sito web “The Trace” – una bacheca virtuale, indipendente e non profit – mostra più chiaramente questo fenomeno “a stelle e strisce”: una statistica sviluppata dai giornalisti Daniel Nass e Champe Barton riporta che, nel solo mese di novembre 2023, negli U.S. sono state acquistate più di 1.300.000 armi da fuoco. Tra gli stati che hanno speso di più, ci sono Florida, Texas e California.
Secondo Gun Violence Archive, nell’anno da poco concluso, sul territorio americano sono stati registrati 656 sparatorie di massa e 40 omicidi di massa.
Nel corso degli anni, gli U.S.A. non hanno importato solamente le tradizioni culinarie della nostra Penisola, per quanto osannate e copiate. Nel 2016, il totale delle esportazioni di armi verso Paesi EU e NATO hanno fruttato all’Italia più di 14 miliardi di euro. Secondo Pagella Politica, alla fine del 2022, il Paese ha registrato degli utili pari a più di 533 milioni di euro nell’export verso gli Stati Uniti, incoronando i cugini d’oltreoceano come i secondi migliori acquirenti.
A stupire non sono tanto i numeri generati dal giro d’affari di un settore così importante, anche per il nostro Paese, quanto i numeri segnalati nel rapporto “Arming Europe”, commissionato da diversi uffici nazionali di Greenpeace e pubblicato lo scorso novembre. Il report dell’ONG sottolinea il volo spiccato dalla spesa italiana nei nuovi sistemi d’arma, col quale si è passati da 2,5 miliardi a quasi 6 miliardi di euro.
Di contro, le spese previste per sanità, istruzione e protezione ambientale procedono con estrema lentezza, posizionandosi rispettivamente all’11%, al 3% e al 6%: una scelta in netto contrasto con l’Articolo 9 della nostra Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica […] Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
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