Secondo l’ONU, sono oltre 244 milioni i bambini e i ragazzi nel mondo che non hanno accesso all’istruzione, ma qual è la situazione nel Mezzogiorno italiano? In occasione della giornata mondiale dell’Educazione, l’analisi attraverso i dati dell’ISTAT del quadro educativo del Sud Italia, area particolarmente colpita da fenomeni come l’abbandono prematuro degli studi.
Da sempre, una migliore educazione è sinonimo di una società avanzata e democratica. Non a caso, tra i diritti umani, ne esiste uno all’istruzione: infatti, nel documento principale per questo ambito, vale a dire la Dichiarazione Universale per i Diritti Umani, l’articolo 26 è dedicato proprio al diritto all’educazione. In particolare, attraverso questo articolo si fa riferimento ad un’istruzione “gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali”, la quale deve essere “obbligatoria”.
Sebbene a molti un simile articolo possa apparire banale, come tra l’altro potrebbe accadere per quasi ogni diritto umano, è importante sottolineare che non esistono le stesse condizioni in tutte le parti del mondo. Infatti, in alcuni Paesi un simile approccio non è condiviso o non è realizzabile tanto facilmente quanto potrebbe esserlo in Italia. Ma qual è la situazione dell’educazione nel Belpaese, e in particolare al Sud Italia?
La proclamazione della Giornata internazionale dell’Educazione non è affatto lontana negli anni: infatti, la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite attraverso la quale ne è stata stabilità la celebrazione il 24 gennaio di ogni anno risale al vicino 3 dicembre 2018. Il motivo di una simile giornata non è difficile da intuire: l’educazione sta alla base dello sviluppo e della pace.
Inoltre, è fondamentale ricordare anche l’impegno delle Nazioni Unite in merito ai SDGs, Sustainable Development Goals, resi in lingua italiana come Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Non a caso, tra gli SDGs è presente anche un Obiettivo che mira direttamente all’istruzione: si tratta dell’Obiettivo 4, attraverso il quale si aspira a “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”.
Ma quali sono le sfide per il raggiungimento dell’istruzione universale? Secondo quanto individuato dall’ONU, al giorno d’oggi sono oltre 244 milioni i bambini e i ragazzi nel mondo che non hanno accesso all’istruzione, e 617 milioni i giovani che non sanno leggere né fare di conto. La situazione più grave è quella delle bambine e delle donne, alle quali molto spesso è proibito l’accesso all’istruzione a qualsiasi età e per qualsiasi condizione: non a caso l’UNESCO ha deciso di dedicare la Giornata internazionale dell’Educazione 2023 alle donne e alle ragazze in Afghanistan, alle quali è stata impedita la possibilità di istruirsi, rendendole purtroppo un esempio lampante e attuale di tale situazione nel mondo.
Dopo un rapido sguardo alla situazione mondiale, è interessante concentrarsi sulla condizione dell’Italia. Per poter avere un quadro più chiaro e veritiero della situazione educativa del Paese, i dati raccolti dall’ISTAT si rivelano certamente come fondamentali. Tra le tante statistiche effettuate dall’Istituto Nazionale di Statistica, due tra le più recenti sono particolarmente interessanti per quanto riguarda i dati restituiti rispetto alla situazione educativa del Sud Italia: di seguito, la questione dell’abbandono degli studi nel Mezzogiorno e il confronto dei livelli di istruzione nelle varie aree del Paese.
Come riportato in apertura, la possibilità di accesso all’istruzione non è scontata in tutto il mondo, dato che ci sono nazioni dove l’educazione è preclusa a molti per motivi anche vari. Tuttavia, questo non è certo il caso dell’Italia, dove l’obbligatorietà scolastica è prevista dai 6 ai 16 anni ed è finalizzata “al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18° anno di età”.
Tuttavia, il fenomeno dell’abbandono degli studi alla fine dell’obbligo non è affatto raro in Italia, in particolar modo al Sud Italia. Infatti, secondo un’analisi dell’ISTAT riguardo i giovani dai 18 ai 24 anni d’età che hanno abbandonato prematuramente gli studi fino al 2020, risulta che questa scelta riguarda circa il 13.1% dei ragazzi residenti in Italia. In particolar modo, si tratterebbe di una scelta del 15.6% dei maschi tra i 18 e i 24 anni, contro il 10.4% della controparte femminile.
Inoltre, ad uno sguardo più approfondito, è possibile identificare quali siano le regioni più colpite da tale fenomeno. Secondo i dati raccolti dall’ISTAT, la prima regione italiana per abbandono degli studi è la Sicilia, con un totale pari al 19.4%. A completare il triste podio si trovano la Campania e la Calabria, rispettivamente con il 17.3% e il 16.6%: importante notare come il valore successivo indicato dall’ISTAT sia quello totale delle regioni del Mezzogiorno. In senso opposto, i livelli più bassi di abbandono degli studi sono stati riscontrati in Molise (8.6%), Friuli-Venezia Giulia (8.5%) e Abruzzo (8%).
Ma l’allarme dell’abbandono prematuro degli studi non è l’unica preoccupazione del Mezzogiorno: infatti, secondo i livelli di istruzione e i ritorni occupazionali del 2021 rilevati dall’ISTAT, la situazione del Sud Italia non è delle migliori. Dai dati raccolti, la popolazione tra i 25 e i 64 anni residente nel Mezzogiorno italiano risulta essere meno istruita rispetto a quella del Centro-nord: difatti, se al Sud Italia il 38.1% ha un diploma di scuola secondaria superiore, al Nord e al Centro il livello è pari circa al 45%. Lo stesso vale per i possessori di un titolo di istruzione terziaria: al Sud Italia si raggiunge il 16.4% della popolazione tra i 25 e i 64 anni, mentre al Nord e al Centro Italia i valori sono rispettivamente pari a 21.1% e 23.7%.
E ciò che allarma ancora di più, è che tale divario si evidenzia anche nel contesto occupazionale: infatti, nel Mezzogiorno il tasso di occupazione è notevolmente più basso rispetto al resto del Paese e, di conseguenza, quello di disoccupazione raggiunge valori più alti anche tra i laureati (73.5%). Per di più, va sottolineato che i valori totali nazionali non sono ben posizionati anche per quanto riguarda il contesto europeo, con dei gap di istruzione e di occupazione evidenti rispetto alla media dei Paesi dell’UE. Dunque, appare evidente come l’analisi di simili dati possa fornire un quadro educativo italiano che necessita di una spinta per poter raggiungere livelli migliori. D’altro canto, come sottolineato dall’ONU, l’istruzione è fondamentale per lo sviluppo e la pace, motivazione che sembra già abbastanza valida per giustificare una maggiore attenzione al mondo dell’istruzione in Italia.
La recente decisione dell'Assemblea Regionale Siciliana (Ars) di bocciare un emendamento che avrebbe destinato risorse…
Il sistema sanitario italiano si trova ad affrontare una situazione critica, evidenziata dal rapporto "Health…
Black Friday 2024: il Black Friday 2024, previsto per venerdì 29 novembre, è l’occasione perfetta…
Migliori scuole superiori a Catania e provincia: la scelta della scuola superiore rappresenta un momento…
Secondo i dati forniti da Eduscopio, cresce il tasso di occupazione tra i diplomati tecnici…
Un tragico incidente con il parapendio si è verificato nel primo pomeriggio a Milazzo (Messina),…
Questo sito utilizza cookie tecnici e cookie di profilazione di terze parti per la gestione pubblicitaria. Puoi esprimere le tue preferenze sui singoli programmi pubblicitari cliccando su "maggiori informazioni". Scorrendo questa pagina o cliccando in qualunque suo elemento, acconsenti all'uso dei cookie.
Privacy Policy