Si rientra in classe in presenza il 10 gennaio. La Regione lo conferma in una nota ufficiale, ma dad possibile in zone con alta densità di contagi.
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Nonostante le richieste dei presidi, salvo ripensamenti governativi in Sicilia le scuole riapriranno il 10 gennaio. Lo conferma una nota della Regione Siciliana al termine di un confronto del governatore Nello Musumeci con gli assessori alla Salute e all’Istruzione, Ruggero Razza e Roberto Lagalla. Nella regione, zona gialla, le scuole apriranno secondo le norme governative a partire dal 10 gennaio. Eccezioni possibili solo per le zone arancioni e le eventuali zone rosse, dove si potrebbe tornare alla dad.
“Le misure urgenti proposte dal governo nazionale per il tracciamento dei contagi da Covid-19 nella popolazione scolastica – si legge nella nota della Regione – prevedono approcci differenziati in relazione al numero degli studenti positivi, alla tipologia del ciclo educativo e allo stato vaccinale dei singoli. A questi è necessario attenersi in Sicilia”.
Nei giorni scorsi, il governatore Musumeci aveva affermato che le scuole avrebbero aperto se la situazione dei contagi lo avesse consentito, lasciando intendere una possibile proroga all’apertura stabilita. Nonostante i 14mila casi, tuttavia, la nota non lascia spazio a dubbi: dal 10 gennaio le scuole in Sicilia torneranno a svolgere attività didattica in presenza. In un passaggio successivo si legge, infatti: “il governo della Regione Siciliana conferma di operare secondo le disposizioni del governo nazionale, con l’obiettivo di garantire lo svolgimento delle attività didattiche in presenza e in sicurezza, a partire da lunedì 10 gennaio“.
“Le norme vigenti consentono alle Regioni di intervenire con decisioni autonome solo nel caso di “zona arancione” o “zona rossa” – prosegue la nota -. La Sicilia, come si sa, è nella fase attuale in “zona gialla”, quindi deve applicare le norme nazionali. Pertanto, si impone di alzare l’asticella dei controlli nel pieno rispetto delle regole generali di cautela, a partire dalla didattica a distanza nel caso di soggetti positivi nella scuola primaria e di seguire le regole della sorveglianza sanitaria negli altri casi”.
Faranno eccezione, dunque, le “zone ad alta densità di contagi“, come riportato nella stessa nota, ovvero quelle individuate dalla Regione tramite ordinanza. Per queste, “è prevista la facoltà di procedere con la didattica a distanza, previa ordinanza del sindaco e su conforme parere dell’autorità sanitaria”.
Per l’attività in presenza, con Dad possibile a seconda del numero dei casi in classe, la Regione tuttavia invoca il supporto statale per rifornire le scuole di mascherine FFP2, previste nelle scuole secondarie di secondo grado in presenza di un solo positivo in classe. “Ci attendiamo – si legge ancora nella nota –, la prevista attività di supporto operativo e di fornitura di dispositivi Ffp2 che sono state delegate alla Struttura Commissariale nazionale, proprio a seguito delle osservazioni avanzate da noi nel corso del dibattito istruttorio che ha preceduto il provvedimento dell’altro ieri”.
L’accettazione del nuovo decreto che disciplina il rientro in classe, tuttavia, non è stata indolore. La Regione Siciliana, insieme ad altre, aveva evidenziato nel corso delle discussioni “perplessità in ordine alla possibilità di garantire l’assolvimento delle articolate procedure di testing e di monitoraggio sanitario nei tempi e con le modalità contenute nelle disposizioni del Consiglio dei ministri“.
Allo stesso tempo, un passaggio della nota della Regione si sofferma sulle proteste che in queste ore coinvolgono tutto il mondo della scuola. Al momento, oltre 2mila presidi ha firmato una petizione che chiede il ricorso alla Dad almeno fino al 24 o 31 gennaio. “Non possono, infatti, rimanere ignorate le numerose e preoccupate segnalazioni che, in queste ore, sono pervenute da amministrazioni locali e dall’Anci regionale – scrive la Regione -, da rappresentanze sindacali del comparto istruzione e da associazioni di genitori, in relazione alla critica diffusione del contagio e alla temuta sua estensione nelle fasce anagrafiche di studenti con assente o limitata copertura vaccinale”.
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