Ucciso con due colpi di pistola mentre si trovava al bar l'ex presidente del consiglio comunale di Favara. Si ipotizza per ragioni economiche.
Due colpi di pistola sparati mentre usciva dal bagno del bar in cui si era recato. Un killer a volto scoperto, incurante della presenza del barista nella stessa stanza. Non c’è stato niente da fare per Salvatore Lupo, ex presidente del consiglio comunale di Favara, ucciso nel pomeriggio di ieri nella sua città. I fatti si sono svolti nella zona di via IV Novembre. Sono ancora in corso le indagini.
Sotto shock, il titolare del locale non avrebbe saputo fornire indicazioni per identificare l’assassino. I carabinieri in queste ore stanno analizzando le immagini dei sistemi di videosorveglianza. Ancora non definiti i moventi dell’omicidio, anche se c’è chi prospetta ragioni economiche. Gli investigatori parlano di omicidio pianificato. Qualcuno potrebbe aver seguito Lupo nel bar e atteso che uscisse dal bagno per colpirlo.
Secondo quanto ricostruito finora, Lupo sarebbe entrato nell’American Snack Bar di via IV Novembre e avrebbe chiesto di utilizzare la toilette. Appena uscito, un killer avrebbe sparato due colpi di pistola, lasciando il cadavere esanime. Pare che Lupo avesse forti contrasti economici e dissidi in ambito familiare.
Lupo è imprenditore nel settore delle residenze per anziani. Quarantacinque anni, nel 2017 era stato arrestato, con la moglie, nell’operazione “Stipendi spezzati“. L’inchiesta aveva fatto emergere che ai dipendenti della “Cooperativa sociale Suami – Onlus” prima venivano accreditati su conto corrente le mensilità dovute e poi, con carte bancomat intestate proprio agli stessi dipendenti, l’amministratore unico della coop, Lupo, avrebbe prelevato – secondo l’accusa – la metà degli stipendi.
Lupo era stato eletto consigliere comunale nel 2011 in liste civiche del centrodestra, ed è diventato presidente del consiglio comunale nel 2015 dopo le dimissioni di Leonardo Pitruzzella da consigliere. Lo scorso 20 maggio era stato rinviato a giudizio – dal gup del tribunale di Agrigento Francesco Provenzano – assieme ad altri 7 imputati nell’ambito dell’inchiesta sulla comunità per disabili psichici di Licata (Ag) in cui gli ospiti subivano maltrattamenti.
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