Scattano le manette per il figlio di un noto boss di Paternò: secondo quanto dichiarato da alcuni "pentiti", sarebbe mandante ed esecutore dell'omicidio della propria sorella.
La città di Catania si risveglia con la notizia di un nuovo arresto: sono scattate le manette, per il 47enne Alessandro Alleruzzo, figlio del fu “boss” della città di Paternò, Giuseppe Alleruzzo, ex mafioso legato al clan Santapaola per lungo tempo prima di divenire collaboratore di giustizia a seguito dell’omicidio della moglie e del figlio Santo.
L’accusa nei confronti di Alleruzzo è tra le più gravi: secondo quanto appreso dagli inquirenti da un “pentito”, l’accusato avrebbe personalmente dichiarato che, per riscattare l’onore della famiglia avrebbe ucciso, ventisei anni fa, la propria sorella, Nunzia, poiché tradiva il marito con esponenti del proprio clan e di uno rivale.
Il movente dell’omicidio sarebbe il seguente: secondo tre pentiti, la donna “aveva avuto numerose relazioni sentimentali con componenti del clan, abbandonando il marito”. Tra gli amanti, inoltre, parrebbe esserci stato Giovanni Messina, componente del gruppo che “aveva ucciso la madre della donna e che pensava di uccidere suo fratello Alessandro”.
Per questo motivo, Alleruzzo affermò di “avere ucciso la sorella, sporcandosi di sangue e terra per averla dovuta trascinare, per riscattare l’onore della famiglia“. Gli inquirenti ne hanno avuto la certezza grazie alle intercettazioni ottenute dalla cella del carcere di Asti dove, tra gli altri, è detenuto proprio Messina: commentando articoli relativi alla riapertura delle indagini sull’omicidio, avrebbero affermato che “… Alessandro è il mandante, l’ammazzau…” (“Alessandro è il mandante, l’ha uccisa”).
Nunzia Alleruzzo sparì di casa il 30 maggio del 1995: dopo quasi tre anni di silenzio, il 25 marzo 1998, a seguito di due telefonate anonime, dei resti femminili furono ritrovati in un pozzo. Tra di essi, un teschio con due fori causati da un’arma da fuoco: analizzati, si rivelarono essere quelli della donna. Secondo quanto appreso dagli inquirenti, il ritrovamento dei resti fu per volere di Santo Alleruzzo, cugino dell’accusato: ordinò ad Alessandro di “fare ritrovare il corpo della sorella, per darle sepoltura”.
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