L'Università di Catania fa chiarezza su alcune delle scelte che hanno portato all'adozione del nuovo logo e lancia un appello agli studenti. L'intervista di LiveUnict al prof. Guido Nicolosi, delegato del Rettore alla comunicazione esterna.
“È un logo che mi rappresenta? È adatto a veicolare l’immagine dell’Ateneo più antico della Sicilia nel mondo? Perché cambiare?”, queste e altre domande, in forme e tenori diversi, hanno accolto lo svelamento del simbolo che, a partire da giugno 2021, verrà utilizzato nella comunicazione esterna di Unict accanto al sigillo storico. Il nuovo logo dell’Università di Catania è stato al centro dei dibattiti dell’ultima settimana tanto tra gli studenti quanto nella comunità cittadina e ha spinto molti a ripensare all’identità e al senso di appartenenza che li lega all’Ateneo, in un confronto tra tradizione e innovazione che inevitabilmente ha coinvolto anche il sigillo del 1934.
LiveUnict ha intervistato al riguardo il professore Guido Nicolosi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al Dipartimento di Scienze Politiche e delegato del Rettore alla comunicazione esterna, che ha risposto ad alcuni degli interrogativi più ricorrenti circolati su web e social in quest’ultima settimana.
“Innanzi tutto, tengo a precisare che qui non parliamo solo di un logo, ma di un progetto articolato di rilancio dell’identità visiva dell’Università di Catania, all’indomani di una crisi che ha fortemente offuscato la nostra immagine in Italia e nel mondo. Il logo è solo un tassello, per quanto fondamentale, di questo progetto. Capiamo perfettamente che tutta la città senta il sigillo Unict come un patrimonio comune e questo aspetto è per noi di grande rilievo: siamo sinceramente orgogliosi che un movimento di opinione ampio abbia portato anche la società civile a riscoprire i fitti legami tra la sua lunga storia e i suoi simboli.
Abbiamo bisogno di tempo per abituare il nostro occhio alle linee grafiche che il logo presenta. Facciamo tutti ‘l’errore’ di confrontarlo col sigillo che rappresenta la nostra ‘comfort zone’ percettiva. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che questo logo non sostituisce il sigillo storico, che nessuno ha voluto abolire, modificare o eliminare. Il sigillo tradizionale Unict continua ad esistere e godere di ottima salute. Gli siamo tutti molto affezionati, ma parliamo di un disegno realizzato nel 1934, nel contesto di un mondo caratterizzato, dal punto di vista visuale, dalla sola carta stampata. Nei primi anni ‘30 non esisteva neanche la televisione e chi ha realizzato quel disegno non poteva certo immaginare che un giorno avrebbe dovuto competere in un mercato mondiale di immagini digitali per emergere e farsi notare.
Gli elementi simbolici che lo compongono sono chiaramente due: l’elefante (valorizzato rispetto alla presenza marginale nel sigillo) che è il simbolo più diretto della città di Catania, e l’Etna, che rappresenta non solo un tratto caratterizzante del nostro stupendo territorio, ma anche un simbolo magnifico e potente conosciuto in tutto il mondo. L’anello col riferimento alla data di fondazione è rimasto proprio come omaggio alla nostra sicilianità e al prestigio della nostra storia. Non sono molte le università che possono vantare quella data di fondazione e noi ne siamo fieri. Si è ricercato un equilibro tra tradizione e innovazione. Se siamo riusciti in questo intento lo scopriremo in futuro. Chiediamo a tutti un po’ di pazienza e di non dare giudizi affrettati e definitivi”.
“Questo progetto è stato annunciato nel mese di luglio 2020. Certamente, le difficoltà tecniche e logistiche legate alla gestione delle condizioni pandemiche hanno reso più difficoltoso l’avvio di un processo dialogico approfondito. D’altronde, questo progetto, come detto dal Rettore nel suo discorso inaugurale, è ambizioso: vuole fare entrare Unict nella comunicazione digitale del terzo millennio. Stiamo tentando di entrare in sintonia con i giovanissimi, dunque anche con chi attualmente non è all’Università, ma magari alle scuole superiori o medie. Inoltre, sarebbe stato complicato delimitare il perimetro del consenso da raggiungere. Chi coinvolgere? Gli studenti (passati? presenti? futuri?), i professori? I cittadini? I siciliani? In tal senso, mi sento di dire che il momento della partecipazione è adesso.
Noi abbiamo annunciato un progetto che comincerà a svilupparsi compiutamente nel prossimo anno accademico. I prossimi mesi potranno definirne i contorni e approfittiamo dell’opportunità che ci avete dato con questa intervista per lanciare agli studenti un appello al dialogo per condividere insieme i passi per implementare e attuare questo progetto, che per realizzarsi ha bisogno della collaborazione di tutta la comunità“.
Ovunque, anche nelle realtà più cosmopolite (Sorbona, Università di Amsterdam, NY University, Columbia) si sono registrate resistenze al cambiamento e proteste quando si è trattato di affiancare un logo al sigillo. È fisiologico: i simboli sono elementi fondamentali delle culture umane, lo dico da sociologo che studia i processi culturali e comunicativi. Per questo, prima di decidere, abbiamo analizzato diversi casi-studio e abbiamo notato che, paradossalmente, i risultati più felici sono stati registrati dove si sia proceduto con l’affidamento all’esterno. Basti confrontare il successo della NY University (affidamento esterno) con le difficoltà della California University (progetto interno), dove il nuovo logo ha provocato una reazione violenta da parte della comunità. Probabilmente, il percorso in-house favorisce, anche qui, spinte più conservative, che guardano maggiormente a ciò che si è stato, senza essere in grado di intercettare la corrente del cambiamento.
Aggiungo, ironicamente, che, se avessimo usato risorse interne, probabilmente ci avrebbero accusato di provincialismo o di ‘tendenze endogamiche’. Invece, nonostante il costo irrisorio, la procedura che abbiamo seguito è stata trasparente e meritocratica. L’agenzia Imille è una delle realtà più dinamiche nel panorama internazionale della comunicazione visiva e social e cura clienti dal profilo globale del calibro di Enel”.
“Esattamente, questo è stato probabilmente il grande equivoco che ha caratterizzato le polemiche di questi giorni. Faccio pubblicamente autocritica a nome della cabina di regia per la comunicazione: evidentemente non siamo stati bravi a far passare il messaggio che è stato chiaramente dato alla comunità negli atti formali (Delibere di Senato e Consiglio di Amministrazione) e nel discorso del Rettore per l’inaugurazione dell’anno accademico: il logo non sostituisce, ma affianca il sigillo storico, che rimarrà immutato per rappresentare l’Ateneo di Catania nella comunicazione istituzionale, protocollare e cerimoniale. Il vessillo rimane lo stesso, così come i certificati, le tesi di laurea, le pergamene e la carta intestata.
Il logo è uno strumento molto flessibile di comunicazione esterna digitale: ha anche una sua versione secondaria (monogramma), una pluralità di sfondi colorati e proprio perché non è il sigillo ufficiale, potrà permetterci di “giocare” molto, anche con ironia, nella comunicazione web e social. Inoltre, si presta molto bene a realizzare ciò che gli studenti chiedono a gran voce da anni e che viene realizzato in tutte le università del mondo: il merchandising. Attenzione, però, qui non si parla di attività commerciale finalizzata al profitto. Tutti i proventi saranno reinvestiti per la realizzazione di servizi agli studenti. Si tratta di un metodo moderno e universalmente praticato di creare valore identitario e senso di appartenenza. Ma tutto questo lo discuteremo insieme anche con gli studenti se vorranno, come dicevo, partecipare a questo processo condiviso”.
“Siamo consapevoli che ci vuole tempo per assimilare le forme di questo logo e le critiche estetiche sono legittime e ben accette. Facciamo, però, appello alla responsabilità di tutte e tutti perché lo scambio su quello che noi abbiamo inteso unicamente come un mezzo più efficace per farci conoscere dai giovani di oggi e di domani, non oscuri i risultati che la comunità UniCT ha raggiunto in questo lungo e difficile anno: il pareggio di bilancio, l’indice di spesa per il personale sotto il 76%, la stabilizzazione del personale tecnico-amministrativo precario, il Codice etico, le nuove procedure per l’accesso ai diversi ruoli accademici. Infine, è nostra intenzione confermare le più importanti misure anche per il 2021-2022, a partire dalla no-tax area fino a 20.000 euro, che consentirà a oltre metà del corpo studentesco di studiare e usufruire dei servizi di UniCT del tutto gratuitamente”.
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