Insulti, maltrattamenti e umiliazioni continue in una casa di riposo in provincia di Catania. I carabinieri, dopo un'inchiesta, hanno fatto irruzione, chiudendola all'istante e denunciando quattro persone.
“Maltrattamenti con condotte reiterate ed abituali”. È l’accusa mossa dalla Procura di Catania a tre dipendenti della Casa di riposo per anziani San Camillo di Aci Sant’Antonio che, su indagini dei carabinieri, ha portato alla loro sospensione dall’attività per nove mesi e a uno per il titolare della struttura.
Secondo l’accusa non soltanto “non prestavano assistenza agli ospiti, anche a fronte delle loro ripetute richieste d’aiuto“, ma “in diverse occasioni li legavano ai tavoli o ai letti per non farli muovere“, “li lavavano con l’acqua fredda o, per punizione, non li cambiavano a seguito dell’espletamento dei loro bisogni fisiologici o li lasciavano nel letto con le lenzuola sporche“.
Inoltre, contesta loro la Procura dopo le indagini dei carabinieri della stazione di Aci Sant’Antonio, “li lavavano con il sapone della lavatrice, deridendoli poi per il loro profumo di “aloe vera”, ” cercavano di “curare la scabbia, come da precise indicazioni del titolare, con semplici impacchi di olio di oliva in luogo della corretta terapia farmacologica“ e “somministravano agli ospiti farmaci scaduti“. Avrebbero anche minacciato urlando a un’anziana di “legarla, lasciarla piena di feci e di non lavarla“, causando il pianto della donna.
Inoltre, accusa la Procura di Catania, erano soliti “denigrare, mortificare e insultare abitualmente“ gli anziani ospiti, tra cui anche un centenario, dicendo loro: “schifoso, sporco, più schifo di te non ce n’è” o “è un ignorante, maleducato, facchino ed uno schifo di persona“.
Tutto l’orrore perpetrato nella casa di riposo è ben visibile nelle foto, sequestrate dai carabinieri, scattate da una dipendente di un casa di riposo che hanno fatto scattare l’inchiesta della Procura di Catania.
I controlli eseguiti anche da militari dell’Arma hanno permesso di accertare diverse gravi irregolarità e i loro colleghi del Nil hanno trovato anche undici lavoratori utilizzati ‘in nero’, comprese due indagate e alcune di queste deferite in stato di libertà per aver percepito illecitamente il reddito di cittadinanza.
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