La protesta civile degenera nella violenza, tra fumogeni, bombe carta e risse: il racconto e l'epilogo della serata di domenica 25 ottobre.
Doveva essere una protesta pacifica e civile nei confronti dell’ultimo Dpcm, dell’ordinanza regionale e contro il governo nazionale, nella speranza di non emulare quanto successo nelle notti precedenti tra Napoli e Roma.
Ristoratori, commercianti, imprenditori catanesi riuniti in un grido comune di allarme, ormai in ginocchio dall’inizio della pandemia, che sembra esser tornata ai fasti primaverili anche in questo autunno. Le parole del premier Conte e le decisioni del governo non sono state accolte di buon grado da diverse categorie di settore, a partire da quella dei ristoratori che dovranno chiudere i battenti ai propri clienti a partire dalle ore 18.00, salvo per l’asporto e il domicilio.
Una protesta civile contro chi dissente dalle decisioni prese dall’alto che, purtroppo, è sfociata anche in questo caso in violenza ignorante e inaudita tra piazza Università e via Etnea. Gli esercenti si erano dati appuntamento alle 22 davanti la Prefettura, sciorinando le varie tesi di dissenso attraverso megafoni e applausi dei presenti, in piena civiltà (nonostante distanze di sicurezza non rispettate) e controllati dagli uomini delle forze dell’ordine.
Ma quando tutto sembrava filare liscio ecco che, allo scoccare del coprifuoco imposto dal governatore regionale Musumeci, uno sparuto gruppo di “manifestanti” ha deciso di vandalizzare la propria città tra bombe carta, fumogeni e disordine generale.
Non sono mancati i negazionisti, senza mascherina al grido di una pandemia architettata, e diverse scazzottate interne tra gli stessi facinorosi, segnale di alta tensione sociale e nervosismi dettati da una situazione al limite del critico.
Catania anche quest’oggi si risveglia ferita e lacerata, con il sogno che tutto stava andando per il verso giusto.
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