Cyberbullisimo in aumento, le esperte: “Necessaria sinergia tra famiglia e scuola”

Cosa è il cyberbullismo, quanto è diffuso il fenomeno oggi? LiveUnict lo ha chiesto alle dott.sse Maria Rosaria Conte e Manuela Gambera, due psicologhe di Catania.

Il cyberbullismo, che ci piaccia o no, ci riguarda tutti. Prendere iniziativa – seppur nel proprio piccolo – per combatterlo è un dovere dal quale nessuno dovrebbe tirarsi indietro. Sono spesso i più giovani, bulli e vittime, a subire il fenomeno, e noi giovani adulti non possiamo stare a guardare mentre le cose accadono. Il primo passo per intervenire efficacemente è conoscere il fenomeno e capire come agire, per questo abbiamo fatto alcune domande sull’argomento a Maria Rosaria Conte e Manuela Gambera, psicologhe di uno studio di Psicologia e Psicoterapia cognitivo comportamentale di Catania.

Quanto è diffuso il fenomeno del cyberbullismo oggi e in quali forme si manifesta?

“Il cyberbullismo è un fenomeno sociale che, negli ultimi anni, è cresciuto in modo esponenziale. I casi di violenza on line sono aumentati drasticamente e la pericolosità del fenomeno diventa sempre più evidente tenendo conto del fatto che molti episodi hanno avuto un finale tragico per la vittima. Ha un impatto psicologico molto forte e si manifesta in varie forme: diffamazione online che consiste nel diffondere in rete maldicenze, per esempio attraverso l’invio di e-mail offensive ai contatti della rubrica della vittima e attraverso la costruzione di falsi profili sui social network.

Ancora può verificarsi l’online harassment cioè l’invio ripetuto alla vittima di messaggi volgari, offensivi e intimidatori attraverso e-mail, sms, telefonate, post sui social network o sul blog; ostracismo online, cioè l’escludere la vittima dagli scambi relazionali in chat; l’outing, che consiste nel manipolare la vittima, ottenendo informazioni o immagini personali per poi diffonderle in rete con lo scopo di danneggiare la vittima; il furto d’identità, in cui il bullo finge di essere la vittima e assume dei comportamenti imbarazzanti così da creare alla vittima difficoltà relazionali e isolamento sociale; il videoposting che consiste nel riprendere la vittima in momenti imbarazzanti o nel modificare intenzionalmente il video per diffonderlo in rete”. 

Cosa succede alla vittima? Perché capita che gli atti di violenza vengano nascosti, come se fosse una colpa?

“Quando parliamo di vittima è importante sottolineare che nel cyberbullismo si può verificare una forte correlazione tra il ruolo di cyberbullo e quello di cybervittima. Questo significa che è più probabile che la persona che compie un atto di prevaricazione online finisca per subirlo, ricoprendo prima un ruolo e poi l’altro o ricoprendoli entrambi in contesti virtuali differenti. La vittima può sperimentare diverse emozioni tra cui paura e preoccupazioni elevate, può manifestare difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e dell’appetito, può sperimentare senso di impotenza e vissuti di colpa e vergogna. La tendenza a colpevolizzarsi può essere molto elevata e questo la rende particolarmente vulnerabile, incapace di difendersi in modo attivo o di cercare aiuto”. 

Cosa “scatta” nella mente dell’aggressore? Quanto influisce l’ambiente sociale in cui il bullo vive le proprie giornate?

“Il cyberbullismo è il risultato dell’interazione di più fattori di rischio individuali e ambientali. Tra i fattori di rischio giocano un ruolo importante le caratteristiche temperamentali del bullo quali una bassa soglia di stimolazione che lo porta a reagire dinanzi anche a provocazioni minime, esplosioni emotive e comportamentali, prevalenza di emozioni quali rabbia, bassa tolleranza alla frustrazione e la ricerca di gratificazioni immediate. Un’altra caratteristica importante è rappresentata dall’anemozionalità e in particolare dall’incapacità a provare paura e dal non riuscire a provare empatia che impedisce di cogliere nell’altro il dolore e la sofferenza.

Nell’aggressore è spesso presente la tendenza a interpretare in modo distorto le situazioni sociali e a rintracciare minacce anche se non effettivamente presenti. I fattori individuali interagiscono con quelli ambientali quali lo stile educativo, la presenza di modelli di comportamento aggressivi che portano l’aggressore all’imitazione, un’elevata conflittualità all’interno della famiglia, una bassa coerenza educativa tra la famiglia e la scuola. L’interazione di questi fattori può determinare e quindi “far scattare” l’atto aggressivo”. 

Famiglia e scuola. Cosa possono fare queste reti sociali per arginare il problema?

“È necessario che si crei una sinergia tra le due agenzie educative. È importante che la famiglia si configuri come un ambiente accogliente e validante e favorisca il riconoscimento e l’espressione modulata delle emozioni. È necessario che la famiglia si rivolga alla Polizia postale per denunciare comportamenti di prevaricazione, alla scuola e ad uno Psicologo per far sì che si attivino dei programmi di intervento specifici per il benessere psicofisico.

È di straordinaria utilità lavorare sulla consapevolezza emotiva dei ragazzi per favorire la conoscenza e la regolazione emotiva e per poter analizzare in modo efficace le emozioni legate al vissuto delle vittime e degli aggressori. Sarebbe auspicabile per la scuola lavorare in un’ottica preventiva e non solo emergenziale favorendo delle relazioni pro sociali che in qualche modo possono ridurre il rischio di condotte aggressive. L’obiettivo degli interventi è quello di avviare azioni di contrasto del bullismo e del cyberbullismo, proteggere la potenziale vittima e aumentare la consapevolezza delle emozioni vissute dalla vittima così da promuovere sentimenti di empatia”. 

Serena Valastro

Laureata in Lingue e culture europee, amante di cinema, musica, arte, informazione, storie. Scrivere è entrare in nuovi spazi, conoscere qualcosa di nuovo, vivere situazioni e sensazioni sempre diverse per trasmetterle a chi vuole viverle.

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Serena Valastro

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