Regole ferree per il distanziamento sociale ma per gli esperti i luoghi chiusi restano un pericolo, soprattutto nelle regioni italiane ad alto rischio.
Da domani 18 maggio 2020 si entrerà nel vivo dell’ormai nota “Fase 2”, con l’apertura di quasi tutte le attività commerciali e sociali all’interno del territorio italiano. Grazie al nuovo Decreto Legge, infatti, esercizi, centri commerciali, ristoranti, bar, parrucchieri e stabilimenti balneari tra tutti, potranno riaprire i battenti al pubblico, seppur con gli accorgimenti previsti dal governo.
Regole ferree che prevedono l’uso assiduo della mascherina, soprattutto in luoghi al chiuso o dove non è possibile rispettare la distanza di sicurezza. Inoltre, come già ampiamente ribadito più volte, sarà necessario lavarsi spesso le mani, starnutire sulla piega del gomito e soprattutto evitare assembramenti di ogni genere e sorta.
A ribadire quanto sia fondamentale rispettare le regole, virologi e infettivologi stanno combattendo una vera e propria guerra per consigliare le giuste buone abitudini. Molti di loro, ad esempio, concordano che un metro di distanza in spazi chiusi possa non bastare per garantire il corretto distanziamento sociale ed evitare qualsiasi tipo di contagio; all’aria aperta il discorso cambia, con la riduzione netta del rischio ma sempre grazie al supporto della mascherina.
Uno dei fattori più a rischio è sicuramente stare a contatto con gli asintomatici in luoghi chiusi, paradossalmente inconsapevoli di un papabile contagio e tra i soggetti a più alta trasmissibilità. Occhio quindi a stretti ricongiungimenti con amici e parenti, a cene apparentemente sicure oppure a baci ed abbracci spontanei. Sarebbe opportuno indossare anche in questi casi la mascherina, ma diventa pressoché impossibile poterla garantire.
Ecco perché la fiducia verso il prossimo viene meno, nonostante la mancanza di evidenti sintomi, con il 30% dei contagi che, durante la fase di lockdown, è avvenuta all’interno di ambienti domestici. Occhio, inoltre, a spazi chiusi come palestre e centri sportivi, dove l’aria dei soggetti sotto sforzo viene emessa dai polmoni in quantità decisamente superiori alla media, aumentando di riflesso il rischio, oppure agli stessi spogliatoi.
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