Il Castello di Caccamo, in provincia di Palermo, sarebbe tutt’oggi la dimora dell’anima dannata di Matteo Bonello e di una giovane suora. Entrambi vagherebbero ancora per le sue stanze.
Il Castello di Caccamo, in provincia di Palermo, rappresenta un meraviglioso esempio delle bellezze storiche e culturali che quest’Isola è in grado di regalare. E questo non solo perché si tratta di uno dei manieri normanni meglio conservatisi fino ai nostri giorni, ma specialmente poiché si erge maestoso su una rupe circondata da alti rilievi e da un paesaggio mozzafiato. Il fascino di questo luogo, tuttavia, è dovuto, senza dubbio, anche agli intriganti misteri di congiure e fantasmi che circolano sul conto di questa fortezza. Si vocifera, in effetti, che essa sia la dimora di inquietanti e tormentate presenze, le quali vagherebbero per i corridoi e le stanze del maniero.
L’edificio, come si evince anche dal suo nome, si trova nel territorio di Caccamo, in provincia di Palermo. Costruito in origine con scopo difensivo, si tratta di uno dei castelli normanni meglio conservati di tutta la Sicilia, divenuto nei secoli dimora nobiliare e rifugio.
Parte della sua incantevole bellezza è dovuta, probabilmente, alla sua splendida ubicazione, essendo posto su un imponente roccione alle pendici del Monte Rotondo. Domina dall’alto su tutta la valle circostante, sovrastando il fiume San Leonardo e la diga Rosamarina.
Si ritiene che, alla genesi, il castello fosse stato costruito come fortezza o torre d’avvistamento di matrice araba, considerata anche la sua posizione strategica. Gli elementi normanni sarebbero, quindi, riferibili a un periodo successivo e sarebbero opera del nobile Matteo Bonello, signore di Caccamo. I primi insediamenti normanni sarebbero da ricondurre a Goffredo De Sagejo, arrivato sull’Isola al seguito di Ruggero il Normanno nel 1093. Successivamente la fortezza passò nelle mani della famiglia Bonello e proprio a quest’ultima sono legate le leggende popolari sul luogo.
Le voci riguardanti le misteriose apparizioni al Castello di Caccamo s’intrecciano indissolubilmente con la figura storica di Matteo Bonello. Quest’ultimo, durante la notte di San Martino del 1160, organizzò insieme ad alcuni complici un attentato contro Maione da Bari, il primo ministro del re Guglielmo il Malo. Bonello, feudatario inizialmente fedele alla corte, raccolse l’ostilità fomentatasi tra i nobili siciliani, al fine di causare una rivolta contro il regno.
L’imboscata ebbe successo, causando la morte del primo ministro Maione e l’incarcerazione del re. Il popolo, tuttavia, temendo la sommossa, decise di schierarsi dalla parte del sovrano, liberandolo dalla sua prigionia e permettendogli di sedere nuovamente sul trono. A Matteo Bonello e ai feudatari suoi complici non restò altro da fare se non rifugiarsi all’interno dell’inespugnabile maniero di Caccamo.
Bonello, effettivamente, riuscì per qualche tempo a scongiurare la vendetta del re, potendo godere della protezione delle solide mura di cinta del castello. Re Guglielmo, pertanto, dovette ricorrere all’astuzia per poter finalmente prevalere sull’uomo, facendolo invitare a corte e promettendogli, falsamente, il perdono. Bonello cadde nella trappola, finendo per essere incarcerato e torturato. Gli furono strappati gli occhi e recisi i tendini dei piedi, morendo, infine, di fame e di sete.
Da quel giorno, si narra che lo spirito inquieto e astioso di Bonello vaghi per la fortezza palermitana, incutendo timore con le sue orbite vuote e la sua andatura lenta. Chiunque giura di averlo incontrato, lo descrive come una figura minacciosa e carica d’odio, in attesa, forse, del momento della sua rivalsa.
Quello di Bonello, tuttavia, parrebbe non essere l’unico spirito inquieto intrappolato nel maniero. Si racconta, per l’appunto, che il fantasma di una giovane monaca vaghi nello stesso luogo. Leggenda vuole che la giovane figlia di uno dei signori del castello si fosse innamorata di un uomo, disapprovato dal padre. Per quanto ricambiato, questo amore non era destinato a diventare realtà, avendo il padre ordinato l’omicidio dell’uomo e la monacazione forzata della figlia. La giovane morì in convento per la disperazione subito dopo l’assassinio del suo amante.
Si vocifera, quindi, che nelle notti di luna piena il fantasma della monaca si aggiri per il Castello di Caccamo, stringendo in mano un melograno. Secondo il mito popolare, chiunque riuscirà a mangiare tutti i chicchi del frutto, senza toccarli con le mani e senza farne cadere nessuno, troverà un’immensa fortuna. In caso contrario, però, quest’ultimo sarà destinato a vagare per l’eternità insieme alla suora.
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