In occasione dell’anniversario della Liberazione d'Italia, quest’anno molto diverso a causa dell’emergenza epidemiologica, ricordiamo le storie di alcuni partigiani catanesi, impegnati durante il periodo della guerra civile tra antifascisti e repubblichini.
Il 25 aprile del 1945 è una delle date fondamentali per l’Italia. Quel giorno il Comitato di Liberazione Nazionale guidato da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani, personaggi che fecero la storia durante la cosiddetta Prima Repubblica, proclamarono l’insurrezione delle armate partigiane attive nel Nord Italia, che contribuirono a imporre la resa ai combattenti nazifascisti.
L’operazione riuscì e, in questo modo, tutto il Paese venne liberato dalla dittatura fascista e dall’occupazione militare tedesca. La Sicilia era già libera dall’estate 1943, grazie allo sbarco degli Alleati effettuato il 9 luglio, che impose ai militari tedeschi la ritirata. Per questo motivo, l’Isola non venne investita dalla guerra civile come nei territori del Settentrione. Ad ogni modo, diversi catanesi presero parte alla Resistenza: ecco, di seguito, alcune delle loro storie.
Classe 1924, nativa del quartiere di San Cristoforo, Graziella Giuffrida lasciò Catania appena ventenne per seguire la strada dell’insegnamento a Genova, insieme al fratello Salvatore. Durante l’occupazione fascista decise di unirsi alle squadre di azione partigiana. Il 24 marzo del 1945 un gruppo di soldati tedeschi iniziò ad importunarla su un tram: dopo averle messo le mani addosso, si accorsero che aveva con sé una pistola. Per questo motivo, la violentarono e la uccisero, dopo averla torturata. Il suo corpo venne gettato brutalmente in un fosso, dove verrà ritrovato qualche giorno dopo la Liberazione da quattro antifascisti a Fegino. Anche il fratello Salvatore fu ucciso dai militari tedeschi.
Durante le settimane dell’occupazione tedesca in Sicilia, la catanese Eugenia Corsaro aveva soltanto 12 anni. Da molti è stata definita come “la più giovane martire della Resistenza italiana”. Eugenia aveva il compito di tranciare i fili elettrici che portavano la corrente all’aeroporto militare etneo di Gerbini. Dalla base decollavano gli aerei della Luftwaffe che a Malta bombardavano le navi britanniche. Piccola di statura, riuscì a sabotare diverse volte la corrente elettrica dell’aeroporto, rallentando i piani nazisti. Un giorno, sfortunatamente, venne catturata e subito giustiziata.
Concludiamo questo ricordo con una bella storia, quella di Antonino Mangano, nome di battaglia “Mitraglia”. Nato a Fiumefreddo di Sicilia nel 1921, a 10 anni iniziò a lavorare come bracciante. Nel 1940, dopo la chiamata alle armi, prese parte al Conflitto mondiale tra Torino e Salsomaggiore. Dopo aver scampato diversi bombardamenti, la situazione precipitò il 10 settembre 1943, quando i tedeschi iniziarono ad effettuare i rastrellamenti. Da quel momento, l’adesione al movimento partigiano divenne l’unica ragione di vita. Il 25 aprile 1945, con la fine della guerra, iniziò il viaggio di ritorno verso casa. Adesso tutto era più dolce e sereno. Il fascismo era stato sconfitto, Mitraglia era riuscito a sopravvivere anche al Secondo conflitto mondiale e alla Guerra civile. Rientrato a Fiumefreddo, Mangano riprese il vecchio lavoro di bracciante e di camionista. Ironia della sorte, il partigiano catanese si è spento il 25 aprile 2015, nella sua cittadina, nel 70esimo anniversario della Liberazione.
Ricordare oggi queste donne, questi uomini e queste storie, è un dovere morale per chi crede nei lavori della Democrazia e della Libertà, resi universali dalla Costituzione repubblicana, nata dalle ceneri di questa sanguinosa pagina della storia italiana.
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