Scoppia il caos dopo la scarcerazione di Francesco Bonura e Vincentino Iannazzo, posti ai domiciliari per motivi di salute. Si teme, adesso, che altri boss mafiosi possano essere scarcerati.
Ha destato scalpore la scarcerazione del 78enne boss di Cosa Nostra Francesco Bonura e di un esponente della ‘ndrangheta, il 65enne Vincentino Iannazzo. I due detenuti sono stati trasferiti ai domiciliari, secondo quanto disposto, perché “siffatta situazione facoltizza a provvedere con urgenza al differimento dell’esecuzione pena”.
Naturalmente, una volta a casa, i due esponenti mafiosi non potranno in alcun modo “incontrare, senza alcuna ragione, pregiudicati”, e potranno solo uscire di casa “ogni volta che occorrerà per motivi di salute, anche dei familiari”. Questo evento ha dato il via al caos: ciò significa che i boss mafiosi potrebbero approfittare della situazione Covid-19 per essere scarcerati? Il Dap, però, ha voluto chiarire immediatamente.
In una nota, infatti, viene spiegato che non vi è “alcuna disposizione a proposito dei detenuti appartenenti al circuito di alta sicurezza o, addirittura, sottoposti al regime previsto dall’articolo 41 bis. Quella inviata il 21 marzo scorso agli istituti penitenziari – continua la nota – è una richiesta con la quale, vista l’emergenza sanitaria in corso, si invitava a fornire all’autorità giudiziaria i nomi dei detenuti affetti da determinate patologie e con più di 70 anni di età”.
Dunque, sebbene il Ministero della Giustizia abbia attivato tutti gli uffici per verificare e approfondire questa situazione, non ci dovrebbe essere la scarcerazione dei boss mafiosi. Secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, infatti, questo è solo “un semplice monitoraggio, quindi, con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni”.
“Le valutazioni della magistratura sullo stato di salute di quei detenuti e la loro compatibilità con la detenzione – ha voluto concludere il Dap nella sua nota – avviene ovviamente in totale autonomia e indipendenza rispetto al lavoro dell’amministrazione penitenziaria”.
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