I diritti delle donne sono diritti umani. A sancirlo non è soltanto la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall’Onu nel 1999 e che si celebra ogni anno il 25 novembre, ma anche una serie di dichiarazioni e accordi internazionali, prima fra tutte la Dichiarazione di Vienna del 1993 e la Convenzione di Instabul del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica del Consiglio d’Europa.
Se da un lato, il diritto internazionale così come le leggi dei singoli Stati giocano un ruolo fondamentale nel riconoscimento e nella tutela dei diritti delle donne, un ruolo altrettanto importante nel contrasto e nella prevenzione della violenza di genere deve oggi essere giocato in primis dall’educazione e dalla cultura. È a tal proposito che l’Università, in quanto massima istituzione culturale, viene chiamata in causa.
In occasione della Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’Ateneo di Catania ha organizzato un incontro dal titolo “Il ruolo del sistema universitario nel contrasto alla violenza di genere”. L’iniziativa promossa dalla delegata alle Pari opportunità Adriana Di Stefano, in collaborazione con il Comitato unico di garanzia (Cug), presieduto dalla prof.ssa Germana Barone ha visto presenti il rettore Francesco Priolo e tra i relatori Marina Calloni, docente di Filosofia politica e responsabile del Centro di ricerca dipartimentale Adv – Against Domestic Violence dell’Università di Milano-Bicocca e la dottoressa Marisa Scavo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Catania.
A ribadire l’impegno di Unict contro la violenza di genere è stato il rettore Priolo nel suo discorso di apertura dell’incontro. “Nel Terzo millennio – ha esordito il magnifico – sembra davvero anacronistico doverci ancora occupare di violenza sulle donne, invece purtroppo il problema è drammaticamente attuale e riguarda tutti noi. Dobbiamo parlarne e parlarne ancora, e mettere in campo strategie e azioni per la prevenzione. Non agire ci rende tutti colpevoli o complici, ed è per questo che l’Università di Catania ha scelto di non voltarsi dall’altra parte”.
Il Comitato Unico di Garanzia dell’Ateneo (CUG) per le pari opportunità, che non tutti conoscono, nasce infatti proprio con l’obiettivo generale di combattere ogni tipo di discriminazione e favorire quindi il benessere di chi lavora o studia all’interno dell’Università. Esso si rivolge infatti a studenti e studentesse, professori e professoresse, così come anche al personale tecnico-amministrativo. Tuttavia, come ha specificato la presidente i compiti e gli obiettivi del Cug stanno conoscendo un necessario ampliamento verso l’esterno. “Il Cug non vuole limitarsi ad esercitare il ruolo di ascolto e di sentinella del malessere all’interno dell’ateneo – ha dichiarato la prof.ssa Barone -, ma grazie anche al collegamento con la rete delle altre università, intende proporre piani d’azione e buone prassi, attivando processi virtuosi di prevenzione e tutela”.
La violenza di genere, in particolare la violenza contro le donne e la violenza domestica sono oggi tuttavia tra le forme più frequenti in Italia, così come nel mondo. È sufficiente fare riferimento agli ultimi dati dell’ultimo rapporto Eures per capire la gravità di questa “pandemia” sociale. 142 è il numero di femminicidi registrati nel 2018, 96 sono quelli registrati dall’inizio del 2019. Non parliamo solo di omicidio, bensì anche di altre forme di violenza dallo stupro allo stalking: ogni 15 minuti in Italia si registra un episodio di stalking o maltrattamenti. 5 mila casi di violenza sessuale sono stati denunciati in Italia nell’anno precedente.
“Diciannove omicidi su 20 sono prevedibili ed evitabili, e sono frutto di relazioni inique basate sul dominio e la persecuzione – spiega Marina Calloni, in quanto parte della Commissione sul femminicidio al Senato della Repubblica-. È perciò necessaria un’alleanza tra gli uomini e le donne e tra le diverse generazioni, perché va spezzato quel meccanismo di perpetuazione dei fenomeni violenti e di riproduzione di ruoli delle ragazze come vittime e i ragazzi come abusanti. In questo senso, le università, oltre che a delle battaglie culturali, educative e scientifiche, sono chiamate a una nuova sfida.”
“L’Università – continua la docente – quindi si trova di fronte a nuovi saperi e nuovi ambiti di ricerca a partire dai gender women studies e men’s and masculinity studies. In particolare, in relazione a questi ultimi seppur le forme di mascolinità sono cambiate, la riperpetuazione di vecchie strutture patriarcali è rinforzata dai social media, la tecnologia non aiuta perché ci sono forme di bullismo e discriminazione attraverso i questi mezzi. Anche l’apprendimento della sessualità e la forma di rappresentazione di una mascolinità violenta offerta dai siti pornografici o dai testi di alcune nuove canzoni veicolano un modello di sessualità sbagliato e violento, dove invece la sessualità dovrebbe essere fondata esclusivamente su rispetto e consenso.”
Alla radice della violenza fisica sulle donne vi è spesso quindi anche un modello distorto della sessualità, frutto del prodotto di una società ancora patriarcale, dove la donna viene ridotta ad un mero oggetto utile al soddisfacimento del desiderio sessuale maschile. Ed è proprio qui che l’educazione, sin dall’età infantile, dovrebbe avere la funzione di sradicare dalle fondamenta questi modelli basati su sopraffazione e mercificazione.
“La violenza di genere si combatte con il cambiamento culturale, la giustizia arriva soltanto dopo – ribadisce Marisa Scavo, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Catania –, se vogliamo veramente prevenire dobbiamo lavorare sul modello culturale. Purtroppo, in Italia ci sono molti stereotipi e pregiudizi ancora anche nelle aule giudiziarie, che rendono difficile la stessa lotta alla violenza e la tutela delle vittime.”
La dottoressa Scavo ha poi illustrato nello specifico le nuove modifiche al codice penale e di procedura penale per la violenza domestica e di genere introdotte dalla Legge 19 luglio 2019, n. 69 , conosciuta come Codice Rosso.“In agosto – spiega la Scavo – è entrato in vigore il Codice rosso, legge nata dopo la condanna dello Stato italiano da parte della Corte di Giustizia dell’Unione europea per non aver offerto adeguata tutela nel caso di una donna vittima di violenza domestica, mira all’accellerazione dei procedimenti legali in presenza di denunce di violenza.”
La novità procedurale introdotta dal Codice Rosso per alcuni reati quali maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, si riflette proprio nelle tempistiche con cui vengono presi i provvedimenti di protezione delle vittime. Secondo la nuova legge, polizia giudiziaria deve comunicare al magistrato le notizie di reato di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate avvenute in famiglia o tra conviventi. E la vittima dovrà essere sentita dal pm entro 72 ore dall’iscrizione della notizia di reato.
Infine la nuova legge, che pare aver favorito negli ultimi tre mesi l’aumento del numero delle denunce, non solo ha inasprito le pene per reati come la violenza sessuale fino a 6-12 anni rispetto alla reclusione minima di 5 anni e quella massima di 10 della precedente normativa; ma ha anche introdotto nuovi reati importanti come il revenge porn, andando a colmare un gap normativo non indifferente per il contrasto alla violenza di genere.