Sin da bambine, le donne sono state abituate a sedersi con le gambe chiuse e in maniera composta. Agli uomini, invece, è da sempre concesso di occupare lo spazio più liberamente, una concessione che nel corso del tempo ha trasmesso loro una strana idea di territorialità e che li legittima a occupare lo spazio come se fosse loro. Avete mai fatto caso, in metro o in un bus, che il modo di sedersi di un uomo è totalmente diverso da quello di una donna? Che gli uomini tendono a sedersi con le gambe aperte mentre le donne con le gambe incrociate? Vi sorprenderà sapere che non si tratta di una fatalità né tanto meno di semplice maleducazione. Quello di cui parliamo è un fenomeno ben definito, noto con il nome di “manspreading”, e dovuto al fatto che lo spazio pubblico è genderizzato.
Cos’è il manspreading?
Di manspreading si comincia a parlare sui social già nel 2013, ma il termine appare per la prima volta nel 2014, negli Stati Uniti, quando la Metropolitan Transportation Authority (MTA) di New York avvia tramite alcuni cartelli una campagna di sensibilizzazione, invitando i passeggeri ad assumere una postura rispettosa in metro, bus e treni. La parola “manspreading” è entrata ufficialmente a far parte dell’Oxford Dictionaries nel 2015 e significa letteralmente “uomo che si allarga”, un concetto che le femministe americane hanno sviluppato e studiato per indicare un atteggiamento tipicamente maschile sui mezzi pubblici che, ben lungi dall’essere una semplice mancanza di educazione, ha radici ben più profonde.
“Il manspreading è una spia del machismo, una mancanza di considerazione verso gli altri e un abuso dello spazio pubblico – spiega l’attivista argentina Sil Bentivegna a LiveUnict –. In tutte le società del mondo, lo spazio pubblico è determinato a partire da uno sguardo prettamente maschile, pertanto è costruito da uomini e per uomini. I corpi degli uomini e delle donne sono così letteralmente “collocati” dagli stereotipi. Noi donne tendiamo a farci piccole: il modo adeguato di sedersi di una signorina è con le gambe pudicamente incrociate; cerchiamo sempre di occupare meno spazio possibile e di passare quasi inosservate. Lo stereotipo del genere maschile, al contrario, è dominante: si colloca in maniera decisa e occupa il posto, appropriandosene. Poiché lo fa ‘in maniera naturale’ e sulla base di ‘un comportamento appreso’, un uomo non si accorge neanche che ci danneggia o ci disturba”.
Per spiegare il fenomeno, Bentivegna cita anche un noto psichiatra argentino, Enrique Stola, secondo il quale: “Nel processo di socializzazione, vige un ordine di autocontrollo del corpo per le donne, e di espansione e di conquista per gli uomini. Questo si collega direttamente con la pratica della dominazione mascolina: i corpi maschili cercano soltanto la loro comodità, non tenendo conto di coloro che li circondano, specialmente se si tratta di donne o di persone LGBT”. Dal 2014 in poi il termine “manspreading” ha fatto velocemente il giro del mondo e, ad oggi, sono moltissimi gli studi universitari, gli articoli di giornale e le iniziative di sensibilizzazione che hanno permesso a molti di prendere coscienza di questo tipo di fenomeno.
Uno dei contributi più recenti e più interessanti, per comprendere come il manspreading non sia un comportamento innocuo ma una questione di genere ben più complessa, è sicuramente quello di Tanya Vacharkulksemsuk, ricercatrice dell’Università di Berkeley che ha pubblicato uno studio sul manspreading e la sfera sessuale: dalla sua ricerca emerge infatti che gli uomini che “allargano” braccia e gambe sono considerati sessualmente più attraenti, perché coerenti con i canoni della mascolinità classica. Sulla stessa scia, altri studi hanno constatato come le donne che si siedono con le gambe incrociate – espressione della femminilità tradizionale – siano percepite dagli uomini in maniera positiva. È facile a questo punto capire perché gli uomini che incrociano le gambe siano considerati “effemminati”, mentre le donne che stanno con la gambe aperte “mascoline” e volgari.
Le campagne di sensibilizzazione contro il manspreading
Diverse sono le campagne di sensibilizzazione che, in questi anni, sono state avviate in molte città del mondo, a partire dall’esperienza di New York. Tra le iniziative più interessanti c’è quella della Empresa Municipal de Transporte (EMt) di Madrid che – rispondendo all’appello di un collettivo femminista firmato da quasi dodicimila persone – ha tappezzato metro e bus con alcuni cartelli, raffiguranti degli omini seduti a gambe aperte e una X rossa sopra per indicare il comportamento molesto. Campagne molto simili a quella madrilena sono state avviate successivamente anche in altre città del Giappone, del Regno Unito e della Turchia.
Tra le iniziative più provocatorie c’è quella dell’attivista russa Anna Dovgalyuk che, nel 2018, ha avviato una protesta in metropolitana, versando sull’inguine degli uomini a gambe aperte un mix di candeggina e acqua per porre la questione sotto gli occhi di tutti. Secondo l’attivista, infatti, mentre in tutto il mondo si stava cominciando a parlare di manspreading, la Russia stava appositamente ignorando problema. Problema, tra l’altro, evidenziato nel 2017 anche da Hilary Clinton che, in occasione di un incontro ufficiale, aveva accusato di manspreading proprio il leader russo Vladimir Putin.
“Le campagne di sensibilizzazione sono l’unico modo per cambiare i comportamenti etero-patriacali – spiega ancora Bentivegna, autrice anche di un libro sulla violenza contro le donne –. Quello che succede nello spazio pubblico è una piaga. Qualche anno fa, a Buenos Aires, si cominciò a parlare delle molestie sessuali in pubblico, in metro o in bus. Tramite video e foto nei vagoni e nelle fermate della metro, il governo ha avviato una campagna di sensibilizzazione e, da quel momento in poi, molti uomini hanno cominciato a prendere coscienza di questo tipo di violenza. Sono convinta che grazie a una buona sensibilizzazione più di una persona comincerà a guardare e a riflettere su come mette le gambe quando si siede”.
Nel frattempo, anche sui social l’hashtag #manspreading è diventato virale: sono moltissime ormai le pagine Instagam di diverse città del mondo che, tramite la raccolta di fotografie e di segnalazioni, si occupano di fare mediattivismo quotidianamente. Tra le pagine attualmente attive si segnalano quella di Madrid, di Parigi, di Berlino, di Londra, di New York, di Monaco. Attiva da qualche settimana anche la pagina “STOP Manspreading Catania”, che tramite l’hashtag #staialtuopostocatania raccoglie tutte le segnalazioni in metro e in bus di Catania e dintorni.