Nell'arco di pochi secondi un'escursione sull'Etna si trasformò in tragedia: l'esplosione causò ben 9 morti e 23 feriti.
Sono passati 40 anni dal tragico incidente che ha sconvolto e – tragicamente – rivoluzionato la vita dei frequentatori dell’Etna. Il 12 settembre del 1979 un gruppo di turisti, partiti da Nicolosi, fu travolto da un’esplosione, questa, dovuta all’apertura della “Bocca Nuova”. Nell’arco di pochi secondi una serena escursione in montagna si è trasformata in una tragedia: l’esplosione causò ben 9 morti e 23 feriti. La causa è imputabile ad una sorta di “tappo” formatosi, nel giro di diversi anni, all’interno del cratere e che impediva la fuoriuscita regolare di gas.
Questo fatto fece riflettere sulla possibilità di morire sul vulcano attivo, fino ad allora ritenuto il più “tranquillo”. Nonostante l’accidentalità, il fatto fu ritenuto “prevedibile” dal tribunale etneo e vennero condannati, a diciotto mesi di carcere, con la condizionale, il vecchio sindaco di Nicolosi Ascenzio Borzì, i due amministratori della Sitas (Gregorio Barbagallo e Gioacchino Russo) e sei guide dell’ Etna (Alfio Ponte, Alfio Mazzaglia, Orazio Di Gregorio, Gaetano Tomaselli, Alfio Carbonaro e Antonio Nicoloso). Anche il ministero dell’Interno fu costretto a risarcire i parenti delle vittime, insieme alla società gestore del servizio navetta per i turisti.
Proprio per scongiurare la possibilità che una tragedia simile si ripeta, oggi l’accesso diretto alle zone sommitali è impedito ai turisti, salvo eccezioni per le guide alpine vulcanologiche. Ed i divieti, in corrispondenza dell’intensificarsi dell’attività del vulcano, sono sempre più restrittivi.
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