Un fitto e diffuso sistema di corruzione basato su scambi e favori è stato scoperto nell'ambito delle indagini "Università Bandita" della Digos e della Squadra Mobile di Catania. Ecco come funzionava il sistema e il modus operandi degli indagati.
Stamattina, nella sala stampa della Procura di Catania, il Procuratore Carmelo Zuccaro, la dirigente della Digos di Catania Marika Scacco e il Commissario Claudio Pucci della Squadra Mobile di Catania, sono intervenuti in una conferenza pubblica per illustrare il risultato delle indagini che hanno portato nella giornata odierna alla sospensione del rettore dell’Università di Catania Francesco Basile, l’ex rettore Giacomo Pignataro e altri 8 docenti.
Nell’ambito dell’indagine “Università Bandita” gli inquirenti hanno scoperto e portato alla luce un fitto e diffuso sistema di corruzione, basato su scambi e favori tra l’attuale rettore Basile, il rettore precedente Pignataro e numerosi Direttori di dipartimento al fine di condizionare e determinare i risultati dell’elezione e della nomina del rettore stesso, della nomina dei direttori dei più importanti dipartimenti dell’Università e a cascata questo sistema si è perpetrato anche in 27 concorsi che sono stati “truccati”.
Le indagini sono partite tra il 2015 e il 2016 a seguito di una querelle avvenuta tra l’ex Rettore Pignataro e il dott. Lucio Maggio, ex responsabile dell’Amministrazione dell’Università, nella quale i due si accusavano vicendevolmente di appalti truccati. Da lì gli inquirenti sono partiti per giungere a scoperchiare lentamente un vero e proprio “vaso di Pandora”.
“Le indagini denotano un sistema che non esito a definire squallido perché le persone proposte non sono le più meritevoli – ha dichiarato il Procuratore Zuccaro. Quando qualcuno ha avuto il coraggio di proporsi come candidato per questi concorsi e il direttore di dipartimento decideva che non era il loro momento queste persone sono state fatte oggetto di pesanti critiche e addirittura di ritorsioni.”
“Il mondo della cultura non può soffrire l’adozione di sistemi clientelari non basati sul merito. Se neanche l’Ateneo catanese si sottrae a queste logiche, è evidente che la necessità per l’Università di ripartire daccapo è molto molto più profonda – ha sostenuto senza nascondere amarezza e delusione il Procuratore. Nessuna istituzione sembra sottrarsi a queste logiche ma è importante che vadano perseguite come meritano per poter voltare pagina.”
La dirigente della Digos di Catania Marika Scacco e il Commissario Claudio Pucci della Squadra Mobile di Catania hanno poi illustrato alcune delle intercettazioni avvenute nel corso delle indagini che hanno permesso di capire il modus operandi degli indagati.
Un curioso episodio, indicativo di tutto quello che sarebbe in seguito stato scoperto, è avvenuto il 2 febbraio 2016, giorno successivo all’elezione di Basile a Rettore dell’Università di Catania. Nel momento del suo insediamento in rettorato, sarebbe infatti avvenuta una conversione “premonitrice” tra Basile e Pignataro, nella quale il neo eletto chiedeva al rettore uscente, se avesse fatto provvedere a ripulire l’ufficio da eventuali cimici.
In particolare, per la nomina del Consiglio di Amministrazione pare che il sistema utilizzato e messo in piedi da Basile e Pignataro è stato quello dei cosiddetti “pizzini”. Da quanto emerso dalle indagini infatti l’attuale Rettore e il precedente avevano già in mente i nomi da far votare agli altri docenti. I bracci operativi sarebbero stati in quell’occasione Giuseppe Sessa e Filippo Drago.
Infatti, in un’intercettazione è proprio la direttrice del dipartimento di Economia e Impresa Michela Cavallaro a rivelare che sarebbero stati proprio i due Direttori di Area Medica ad indicare agli altri direttori di dipartimento chi avrebbero dovuto votare. E tutto questo attraverso dei fogliettini, dei pizzini, un po’ come quelli che si usavano a scuola per copiare. A confermare lo stesso sistema è il professore Barone, ex direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, che rispondendo alla domanda “Come è andato questo Consiglio di Amministrazione” rivela: “Abbiamo votato in piena democrazia…con i pizzini.”
Il sistema più squallido, come lo ha definito lo stesso Procuratore Zuccaro, è però quello utilizzato nei concorsi per professore ordinario, professore associato e ricercatore. Da quanto emerge dalle indagini, infatti, i concorsi per così dire “truccati” erano tutto tranne che reali concorsi, in quanto realizzati ad hoc cuciti su misura per i candidati prescelti. “Al dipartimento tutto a posto – dichiara Giuseppe Sessa in un’intercettazione telefonica con il rettore Basile – è passato quello che doveva passare.”
Inoltre, quando vi erano altri candidati diversi da quello prescelto dal rettore o dai diversi direttori di dipartimento il modus operandi sarebbe stato quello del convincere, attraverso intimidazioni e ritorsioni, i candidati a ritirarsi per lasciare campo libero al candidato “prescelto”. L’ex direttore di Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Giuseppe Barone, in un’altra intercettazione telefonica, ha affermato:“Il concorso è bello tosto, ci sono sette idonei, fra cui lei. Vediamo chi sono questi sei stronzi che dobbiamo schiacciare.”
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