Secondo il rapporto AlmaLaurea, relativo all'anno 2018 sull'Università si registra un calo degli iscritti specie al Sud, però, aumentano i laureati in special modo tra gli stranieri residenti in Italia.
Secondo AlmaLaurea, nel rapporto sui laureati italiani, sono in calo gli iscritti ai corsi universitari, dato che si sono avuti dal 2003/2004 al 2017/2018, 40 mila matricole in meno, specie tra gli atenei del sud che si lascia scappare un quarto dei diplomati. Un dato che è stato in calo netto fino al 2013/2014, poi si è registrata un lieve aumento e nell’ultimo anno è stato segnato un + 9,4 % nelle immatricolazioni.
Ma ci sono anche elementi positivi nel rapporto AlmaLaurea, come la crescita dei laureati tra i residenti in Italia anche se stranieri, il calo della durata del percorso accademico con conseguente ottenimento del titolo in minor tempo, specie al Nord, l’aumento di tirocini o stage e periodi di studio all’estero come l’Erasmus.
Inoltre, entro un anno dalla laurea il 72,1 % dei laureati di primo livello, e il 69,4 % dei laureati magistrali ha trovato lavoro con contratto a tempo indeterminato nella maggior parte dei casi. A cinque anni dal conseguimento del titolo, invece, le percentuali salgono all’88,6 % tra i laureati di primo livello, e all’85,5 % tra i laureati di secondo livello, e la maggior parte ha un contratto a tempo indeterminato.
L’età media dei laureati, scende a 25,8 anni e il voto medio conseguito è pari a 102,9, pressoché immutato rispetto a 10 anni fa quando era 103. Il 76,9 % di loro proviene dai licei, mentre soltanto il 18,8 % proviene dagli istituti tecnici e il 2% da un professionale.
In crescita i dati su esperienze all’estero, che registrano in questo arco di tempo un aumento del 3,3 % rispetto all’8% del 2008, e tirocini o stage che ha visto uno studente su due (il 59,4 %) svolgerne uno, in quanto considerata un’esperienza molto utile specie per trovare lavoro in seguito.
Un dato preoccupante è che il 5,7 % dei laureati di secondo livello oggi non vive e lavora più in Italia, e secondo il 40,8 % l’abbandono è dovuto alla mancanza di opportunità nel nostro Paese, a cui si aggiunge un 25,4 % che ha dichiarato di essersi trasferito all’estero perché ha ricevuto un’offerta di lavoro più interessante da aziende che hanno sedi fuori dall’Italia.
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