La risposta del vulcanologo del Ingv di Catania, Boris Behncke, sull'allarmismo creato in merito alla diffusione del gas Radon.
È stato pubblicato recentemente uno studio dell’Ingv di Catania sulla fuoriuscita di un gas nocivo dalle faglie dell’Etna, il Radon. Tale gas, secondo gli studi, si rivela pericoloso per la saluta umana se inalato in grande quantità e per lunghi periodi, e il rischio aumenta se si è in una casa poco arieggiata.
Successivo allo studio condotto dall’Ingv sul gas Radon, è andato alimentatosi dell’allarmismo, diffuso tra i vari residenti della provincia etnea (soprattutto per chi abita in prossimità del vulcano). A rispondere a tale diffusione di allarmismi e tentare di fare chiarezza sullo studio del gas Radon è il vulcanologo dell’Istituto nazionale di geologia e vulcanologia di Catania, Boris Behncke.
“E per l’ennesima volta in questo periodo girano le ‘notizie’ con i titoli allarmanti, e per l’ennesima volta tanta gente si spaventa, ancora una volta siamo inondati di messaggi da parte di persone preoccupate“, apre così Behncke un post di Facebook. “Questa volta è il Radon. Di questo gas, ne stiamo parlando da molti anni; magari qualcuno si ricorda che il mio collega e amico Marco Neri, primo autore dello studio di cui si sta parlando ora, ha tenuto diverse conferenze al pubblico in area etnea, parlando appunto del Radon e delle sue caratteristiche, anche quelle potenzialmente nocive per la salute umana“.
“Allora, facciamo chiarezza – continua –: chi si espone per lunghi periodi (anni), in spazi chiusi ma con alte concentrazioni di Radon (tipo cantine), corre un certo rischio. Essendo però il radon un gas che è pesante più dell’aria, che del resto si diffonde estremamente rapidamente in atmosfera, il rischio non esiste in spazi aperti e in case ben arieggiate“.
Conclude Behncke, precisando che “Dobbiamo infine applicare gli stessi comportamenti che usiamo in qualsiasi altra situazione potenzialmente pericolosa: conoscere il rischio, e saper ridurlo. Lo facciamo tutti i giorni esponendoci al traffico stradale, che comunque ogni singolo anno in questo singolo paese costa la vita di più di 3000 (tremila!) persone, un tasso ben più alto di quello delle vittime dei terremoti in Italia. Abbiamo imparato a guidare in maniera tale da ridurre il rischio di incidenti stradali; ciò però non riduce il rischio a zero perché un rischio zero semplicemente non esiste, in nessuna circostanza delle nostre vite“.
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