Utility e Società

Tasse, tra 2019 e 2022 previsto un aumento di 76 miliardi

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La cifra elaborata a seguito di un'analisi sul Documento di economia e finanza approvato dal consiglio dei ministri in data 9 aprile.

Per rilanciare l’economia italiana servirebbero meno tasse sulle imprese e sui contribuenti. Una formula sentita pressoché da tutti: economisti, imprenditori, semplici cittadini, e proclamata a più riprese a gran voce anche dal governo,  l’unico organo che potrebbe effettivamente fare qualcosa in proposito, ma che viene ribaltata dai fatti.

Secondo un’analisi di Unimpresa sul Def, il Documento di economia e finanza approvato in data 9 aprile 2019 dal consiglio dei ministri, da quest’anno e fino al 2022 la pressione fiscale aumenterà di 76 miliardi. Tasse e contributi previdenziali, infatti, passeranno dagli 813 miliardi del 2018, agli 834 miliardi per il 2019, salendo poi progressivamente fino agli 890 miliardi del 2022, con un aumento complessivo del 9,37%.

Sale parallelamente anche la spesa pubblica, destinata ad aumentare quasi quanto le entrate tributarie. Le uscite, infatti, passeranno dagli 853 miliardi del 2018 ai 922 miliardi del 2022, per un aumento di complessivo di 75 milardi, vale a dire una crescita dell’8,85%. All’interno del Def sarebbe previsto anche un aumento dei versamenti allo Stato per contributi sociali e previdenziali, che supererà i 18 miliardi di euro.

L’aumento delle entrate tributarie, pari a 55,3 miliardi, è distribuito in modo non uniforme tra imposte dirette e indirette. Mentre le prime saliranno di 10,4 miliardi, meno del 5% nei prossimi quattro anni, le imposte indirette, tra cui le più importanti sono tradizionalmente l’Iva e l’imposta di registro, aumenteranno di 45,4 miliardi, un aumento di quasi il 18% rispetto al passato.

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A sommarsi alle entrate tributarie, l’aumento relativo a contributi sociali quali previdenza e assistenza, che peserà sugli italiani circa 18,6 miliardi di euro nei prossimi quattro anni, mentre la pressione fiscale dovrebbe rimanere stabile intorno al 42% fino al 2022.

Sul fronte della spending review non va meglio: piuttosto che diminuire, le uscite aumenteranno. Come anticipato, rispetto al 2018 l’aumento sarà di circa il 75,5 miliardi, con le uscite correnti a registrare l’incremento percentuale minore, pari all’8,23%, mentre aumentano soprattutto gli interessi passivi, vale a dire la spesa per il servizio del debito pubblico e il conto capitale ovvero gli investimenti pubblici, specie quelli in infrastrutture e grandi opere.

Alla situazione spese ed entrate, si aggiunge anche quella dell’aumento del Pil, che secondo le stime di Unimpresa dovrebbe registrare un modesto incremento pari a circa l’1% all’anno a partire dal 2019.