Secondo i sindacati le nuove assunzioni di docenti in Sicilia non basteranno a garantire il tempo pieno nelle scuole pubbliche.
Novità all’orizzonte si profilano per le scuole pubbliche siciliane, per le quali sono state annunciate 261 assegnazioni di cattedra in Sicilia che dovrebbero avvantaggiare il tempo pieno. Secondo i sindacati dei docenti e del personale ausiliario i nuovi assunti non basteranno a garantire lo svolgimento del full time nelle scuole primarie, relegando la Sicilia agli ultimi posti insieme al Molise.
Le 261 unità andranno a coprire le cattedre della scuola primaria con lo scopo di incrementare il tempo pieno come già nel resto del Paese. Tuttavia nulla è già definitivo e non si esclude che le nuove assunzioni possano essere soggette al taglio sull’organico provocato dal forte calo della popolazione scolastica.
“L’assegnazione da parte del Miur di 261 cattedre in più per il tempo pieno negli istituti della scuola primaria siciliana – dichiarano i portavoce di FLC CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola della Sicilia – sono poca cosa rispetto alla condizione in cui si trova l’Isola”. Non basterebbero, quindi, a liberarsi della maglia nera per il tempo pieno che l’Isola detiene insieme al Molise.
“Ricordiamo all’assessore – continuano – che in Sicilia solo il 7% degli studenti siciliani fruisce del tempo pieno, anche per colpa degli enti locali e della Regione Siciliana. Questi, infatti, non garantisco alcuni servizi fondamentali, come l’adeguamento dei locali, la mensa e il trasporto degli alunni”.
E il gap tra Nord e Sud in questo modo non può fare altro che allargarsi. Nella media nazionale, infatti, la percentuale di classi a tempo pieno è ben quattro volte superiore a quella delle regioni meridionali dello Stivale, Sicilia in prima fila. Il paradosso, inoltre, è che in Lombardia, dove il servizio scolastico è sei volte più efficiente di quello siciliano, l’assegnazione di nuove unità sarà maggiore (262 assunzioni).
Restano scontenti anche quei docenti siciliani che, per effetto della “Buona scuola”, sono stati costretti nel 2015 a lasciare la regione per accettare obbligatoriamente una cattedra oltre lo stretto, pena quella di restare disoccupati a vita. Per loro, dunque, nessuna speranza di ritorno a casa, almeno per il momento.
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