Accade nel bresciano, dove una donna è stata licenziata per troppi accessi a Internet durante gli orari di lavoro. Si tratta di un problema che si ripresenta nei luoghi di lavoro, ovvero l’uso appropriato di internet e del computer durante le ore lavorative.
La donna, impiegata part-time in uno studio medico, avrebbe effettuato circa 6000 accessi al web in soli 18 mesi di lavoro, 4500 dei quali al suo profilo Facebook. Dopo aver subito un licenziamento disciplinare, l’impiegata avrebbe fatto ricorso per “violazione della privacy”, ma senza successo. La Corte della Cassazione ha condiviso la linea giudiziaria adottata inizialmente dalla Corte d’appello di Brescia, rigettando il ricorso.
La decisione della Corte rispecchia un fatto importante: il contratto di lavoro vincola entrambe le parti. Il dipendente non ha svolto a dovere il suo lavoro durante le ore stabilite perché occupato a fare altro. Un dipendente che sia venuto meno al suo obbligo principale, ovvero lavorare nelle ore stabilite, è pertanto licenziabile.
Se internet ammortizza le ore buche della vostra giornata lavorativa, pensate bene all’uso che ne fate. La cronologia dei vostri accessi può essere rintracciata nei computer aziendali e causarvi dei guai. Una soluzione per limitare l’uso eccessivo sarebbe bloccare i siti social nei computer aziendali, ma al momento non esiste un’altra legislazione che possa regolare gli accessi piuttosto che perseguirli.