Il nostro cervello non ha limiti. Può conservare una quantità smisurata di informazioni: tutto sta nel riuscire ad impararle nel modo corretto, così da poterle recuperare all’occorrenza. La prof.ssa Elena Commodari ci spiega come migliorare la memoria e come avere una buona resa nello studio.
Riuscirò a ricordare tutto il programma? Farò un buon esame? Come faccio a non dimenticare niente? Se sono queste le domande che assillano le vostre giornate e rendono insonni le vostre notti, probabilmente siete studenti. Una condizione bella, ma faticosa, trovandovi ogni giorno alle prese con una fuggente amica o con una fedele alleata: la memoria. Eppure, per disporre della memoria come di un’arma comoda e sicura, bastano alcuni semplici accorgimenti che possono alleggerire molto il lavoro di ogni studente. Prima ancora di parlare di metodo di studio, bisognerebbe partire da un punto fondamentale: ognuno di noi può imparare qualsiasi cosa, anche ciò che non piace.
Lo ha affermato, ai nostri microfoni, la prof.ssa Elena Commadari, Associato di Psicologia dello Sviluppo, docente di Psicologia Generale e Applicazione di Psicologia dell’Apprendimento all’Università di Catania. ”Il nostro cervello e le nostre capacità cognitive – sottolinea – sono organizzate in modo tale che, anche se io non voglio, riesco ugualmente ad imparare. Sicuramente la voglia di studiare è importante. Aggiungerei però che la motivazione non è una condizione sufficiente, né, in alcuni casi, indispensabile: il fatto di non essere motivati, non equivale a non poter imparare”.
Al di là del metodo di studio preferito, un altro elemento indispensabile per studiare bene è la ripetizione. “L’unico modo, per consolidare le informazioni in entrata nella memoria a lungo termine, è ripetere”, afferma la professoressa. Questo potrebbe essere in contrasto con i tanti metodi di reiterazione alternativa adottati dagli studenti (ripetere a mente, riguardare le pagine del libro, ecc). Ma come bisogna ripetere?
“È necessario tenere in considerazione il tipo di richiesta che verrà fatta all’esame. Ripetere a mente, ad esempio, non necessariamente si traduce in un sapermi esprimere correttamente. Tra l’ideazione e la produzione, infatti, esistono una serie di complessi processi mentali che possono portare a un gap, tra quello che si pensa di sapere e quello che realmente si riuscirà a dire. Allora, l’unico modo per ovviare a questa problematica è ripetere ad alta voce, dandosi un feedback uditivo evidente, con lo stesso tono che userò all’esame”. E se l’esame è scritto? Scrivere tanto e nella forma che verrà richiesta dal tipo di compito: quanto più ci si esercita su una cosa complessa, tanto più sarà facile fare una cosa più semplice.
Per trovare il metodo di studio più adatto a ciascuno, occorre un’analisi accurata delle caratteristiche individuali. In linea di massima, però, se vi trovate davanti alla pagina di un libro, “scegliete un paragrafo, lo studiate, lo memorizzate e lo ripetete ad alta voce”, consiglia l’esperta. E ancora: “Studiate il secondo paragrafo, lo ripetete e lo unite al primo e via via costruendo una conoscenza”. Non necessariamente bisogna partire dalla prima pagina del libro. Se vi accorgete che un capitolo tratta un argomento che conoscete, potete iniziare da quello: avrete un’impalcatura che vi aiuterà a collegare il resto delle informazioni.
“Quando si studia bisogna passare dall’apprendimento alla conoscenza – continua – formando delle strutture mentali, in cui tutte queste informazioni siano organizzate e pronte ad essere tirate fuori. Il problema fondamentale quando si deve fare un esame è proprio questo: le cose possono essere dentro, ma non riesco a tirarle fuori”.
“L’ordine in cui vengono immagazzinate le informazioni è importante – afferma la professoressa. – Questo perché esistono due effetti particolari, per cui noi tendiamo a ricordare solo i primi e gli ultimi elementi di un determinato materiale di apprendimento”. I primi, infatti, vengono reiterati più volte, sia volontariamente, sia perché gli occhi cadono più spesso sulla parte iniziale del foglio. La conclusione, invece, viene ricorda perché è quella che si trova ancora nella memoria a breve termine.
“La parte centrale, quindi, è quella che in genere viene trascurata: non è ancora passata alla memoria a lungo termine, ma non è più nella memoria a breve termine, essendo stata soppiantata da nuovi contenuti. Allora, il modo migliore per non dimenticare la parte centrale che, in genere, è quella più ricca di contenuti, consiste proprio nel ripetere specificamente queste parti”.
“C’è una tendenza della mente che si chiama riduzione cognitiva – spiega la psicologa. – Serve a semplificare e a mettere in un ordine chiaro e coerente tutte le informazioni che andiamo ad acquisire nel tempo. Per cui noi conserviamo solamente il succo delle informazioni”. A questo si aggiunge che l’ansia può influire negativamente sui ricordi: “L’ansia dell’esame incide tantissimo sulla rievocazione delle informazioni, perché occupa totalmente la memoria di lavoro, cioè quella memoria che implica l’attivazione delle informazioni. Quando eseguo una procedura o faccio un’azione, questa memoria di lavoro è tutta piena di ansia e non c’è spazio per elaborare le altre informazioni”.
Il rischio è quello di fare confusione. In questi casi, infatti, le informazioni rimangono ancorate alla memoria a breve termine. Per di più, non sono state codificate in modo coerente e articolato: “È come se avessi un cassetto disordinato, in cui cerco una maglietta di un colore specifico. Non riesco a trovarla perché ho tante magliette di colore simile, ma messe tutte spiegazzate”.
In conclusione, numerosi ricerche hanno dimostrato che una garanzia contro i vuoti di memoria è l’iperapprendimento. Continuare a studiare anche quando si pensa di essere sicuri degli argomenti, aumenta la possibilità di recuperare le informazioni subito e senza errori. Ripassare prima dell’esame, inoltre, è utile a ridurre al minimo dettagli importanti che cercate ancora di memorizzare.
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