Si era appena laureata in mediazione linguistica, la ragazza che è stata rapita in Kenya questa settimana. Silvia Romano, ventitreenne di Milano, aveva tanti interessi tra cui la ginnastica artistica che insegnava, e il volontariato. Dopo una tesi sulla tratta di esseri umani a livello internazionali, aveva inseguito il suo sogno di lasciare un’impronta positiva andando a svolgere un progetto di volontariato in Kenya con la Ong Africa Milele, con un progetto di sostegno all’infanzia con i bambini di un orfanotrofio.
Secondo la polizia keniota, il rapimento sarebbe avvenuto la sera del 20, durante un attacco armato in un mercato del villaggio di Chakama, dove Silvia stava facendo la spesa e nel quale sono rimaste ferite almeno cinque persone tra cui tre bambini. L’ipotesi inquietante è che gli attentatori stessero attivamente cercando Silvia durante il fuoco, e che l’avrebbero trascinata via dopo averla malmenata.
L’Unità della crisi della Farnesina, insieme alla polizia locale, ha messo in azione i servizi segreti, i quali stanno indagando su diverse piste, tra cui jihadismo e criminalità locale. Quel che appare altrettanto inquietante, è la nube di commenti negativi sulla notizia nei social network, dove utenti poco sensibili del dolore di una famiglia commentano su quanto sia stato stupido da parte di Silvia recarsi in luoghi così “selvaggi”, e poco curanti che il suo impegno nel volontariato fosse una scelta consapevole e coerente con il suo percorso di studi.
La polizia keniota nel frattempo ha arrestato 14 sospettati coinvolti nell’attacco al mercato, col proposito di ottenere informazioni sugli attentatori ancora ignoti. Tuttavia nessuno ha ancora dichiarato di avere Silvia o chiesto un riscatto per la sua vita.