Nel 1967, appena poco più di mezzo secolo fa, il mondo stava vivendo un periodo di cambiamenti eccezionali. In Italia gli ultimi anni del Boom-economico, che dal dopoguerra aveva migliorato le condizioni economiche e sociali di molte famiglie rendendo l’Italia una delle principali potenze economiche del mondo, non lasciavano presagire eventuali crisi e tutto ciò che esse avrebbero comportato. L’autunno caldo che seguirà e gli anni della strategia della tensione iniziata con la strage di Piazza Fontana il 12 dicembre 1969 e culminata con l’attentato di Bologna del 2 agosto 1980, non erano immaginabili nemmeno nelle menti degli scrittori e giornalisti più fantasiosi.
Nelle strade si assisteva a code di automobili, soprattutto le leggendarie 500, la macchina italiana per antonomasia, capace di segnare più di una generazione di giovani, mentre i vigili si agitavano pur di impedire eventuali trasgressioni del codice della strada. Le città crescevano sempre di più, assorbendo il verde e le campagne, nonché i paesi più piccoli, da cui molti fuggivano per spostarsi nelle moderne e tecnologiche metropoli. Anche a Catania stava accadendo tutto ciò, ed essa viveva in prima persona questi cambiamenti.
Il capoluogo situato alle pendici dell’Etna, maestoso ed eterno compagno della città, e conosciuto nel mondo grazie alle immagini di celebri film quali il “Bell’Antonio” (Mauro Bolognini 1960, con Mastroianni e Cardinale) e “Divorzio all’Italiana” (Pietro Germi 1962, sempre con Marcello Mastroianni), viveva una fase di modernizzazione in cui “un’eruzione di calcestruzzo” aveva fatto di Catania una vera e propria metropoli del sud-Italia. Tra il mare e la montagna, Catania cresceva sempre più e insieme a essa crescevano anche gli aspetti negativi: caos urbanistico, mancanza di verde e traffico automobilistico. Problemi che 51 anni dopo sono sempre lì, e fanno di Catania una delle città più inquinate e nelle quali si vive peggio dell’intera penisola.
Ma non era solo la città a cambiare: anche le persone che vi abitavano stavano cambiando, forse senza che essi stessi se ne accorgessero. La dolce vita catanese era composta da giovani che potevano scegliere tra il mare e la montagna, tra un tuffo nello Ionio e una sciata sulle cime dell’Etna. “Dalle nevi dell’Etna alla riviera dei ciclopi in meno di venti minuti” recitava lo slogan adottato dalla città di Catania per pubblicizzare le sue attrattive e mettere in evidenza una contrapposizione (mare e montagna separata da una manciata di minuti) unica al mondo. Una città che vive in questo contesto, dove l’azzurro del mare e il bianco della montagna sono osservabili nello stesso istante, è una città particolare e anche i suoi abitanti lo sono. Ma come sono questi catanesi? Non basta abitare a Catania per capirlo: bisogna viverla sotto ogni suo aspetto, positivo e negativo, e in ogni suo luogo, centro e periferia, per riuscire a trovare nelle differenze economiche, sociali e d’istruzione qualcosa che sia comune e peculiare.
Fu Pippo Fava, di origini siracusane ma catanese a tutti gli effetti – intervistato nel servizio – a tentare di dare un’immagine specifica del catanese in un’intervista rilasciata alla Rai durante un servizio dedicato alla città siciliana: “Il catanese è una popolazione che non assomiglia a nessun’altra. Ha difetti e pregi che sono suoi soltanto. Mentre tutti sono portati al dramma alla tragedia, il catanese è portato all’ironia: si diverte dei tratti tragici della vita. Certo, i difetti sono molti ma c’è una virtù che li riscatta da tutti i suoi difetti: il catanese è contento di vivere, ha il piacere di vivere. La capacità di lavoro del catanese è dimostrata dal fatto che egli riesce a fare più lavori in una giornata. Il catanese assomiglia al fenicio: è commerciante. Catania è all’avanguardia nel Sud, pur portandosi dietro tutti i suoi difetti.
Mentre la città continua a crescere sempre più, gli spazi verdi latitano e sono introvabili, il traffico è aumentato in maniera esponenziale e i turisti provenienti da ogni parte del mondo passeggiano per le vie del centro ammirando la bellezza degli edifici e luoghi storici della città, rivedere certe immagini in bianco nero di un’altra Catania suscita stupore e fascino per chi non c’era in quei momenti, nostalgia e ricordi per chi, invece, quei tempi li ha vissuti appieno” conclude il giornalista.