L’epilogo che tutta la città di Catania, insieme a staff, giocatori e società non si attendevano: il Calcio Catania, nella stagione 2018/19, dovrà affrontare il campionato di Serie C in via ufficiale. Tanto è stato indirettamente stabilito dal Tribunale Federale Nazionale, ultima speranza da parte dei rossazzurri dopo la tribolata scelta di ieri da parte del Collegio di Garanzia, che ha sciolto i dubbi non senza qualche strascico.
Il Tfn, infatti, previsto per le ore 14.00 della giornata di oggi, doveva discutere in materia del ricorso presentato dal Calcio Catania, sui misfatti a tutti noti dello scorso 13 agosto, quando Fabbricini, Balata e i rispettivi compagni di merenda decisero illegittimamente di procedere con l’inizio del campionato a 19 squadre. Un mese davvero duro per la città di Catania, ma anche per tutte le altre squadre che chiedevano giustizia sportiva in merito, tra le quali Novara e Siena altamente indicate per il ripescaggio.
La motivazione del rinvio, al prossimo 28 settembre, è stata data in funzione dell’accorpamento con tutti gli altri ricorsi presentati, oltre a quello noto del Calcio Catania. Ennesimo scempio e schiaffo allo sport italiano, ultima speranza di blocco della Serie B e attuazione dei ripescaggi andata in fumo, senza che gli avvocati potessero esprimere le proprie tesi. Chiaramente la storia non finisce qui, con tutte le società scontentate che inizieranno a presentare ricorsi a raffica contro le sciocche prese di posizione da parte di Fabbricini e Figc, Lega Serie B, presumibilmente tenute a pagare ingenti quote di denaro e maxi-risarcimenti.
Un’estate rovente, chiusa con il più triste delle storie: dopo la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali, il calcio italiano perde la fiducia di migliaia di tifosi, a sostegno che mondo del pallone i poteri forti esistono tutt’oggi e che, se stai dalla parte sbagliata, ti tirano le pietre. La giustizia, non uguale per tutti, resta a guardare da spettatrice, tra un rinvio, un decisione presa lunga quattro giorni e parecchie ombre oscure dalla sua parte.
Questa è l’Italia, oggi.
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