Si tratta di una scoperta che mette fine ad un annoso dibattito durato più di trenta anni: la presenza di acqua sul Pianeta Rosso. La ricerca è stata portata avanti da ricercatori italiani e i risultati pubblicati su le Science promettono grandi sviluppi scientifici.
Una scoperta tutta italiana che apre nuovi orizzonti di ricerca su Marte, e non solo. Si tratta di un’enorme riserva di acqua sotto la superficie del Pianeta Rosso, in corrispondenza del suo Polo Sud.
Un lago sub-glaciale rilevato da Mars Express, la sonda dell’Agenzia spaziale europea (ESA) grazie allo studio e alle osservazioni che hanno coinvolto diversi istituti italiani, come l’Istituto di radioastronomia dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF), le università di Roma Sapienza e Roma Tre, l’Università Gabriele d’Annunzio di Pescara e gli istituti del Consiglio nazionale delle ricerche e Agenzia spaziale italiana.
L’articolo su Science, firmato da Roberto Orosei, illustra i dettagli della scoperta e i possibili risvolti nel campo astronomico. Più di 30 anni fa si ipotizzò la presenza di acqua sul pianeta, e la questione era una delle più spinose controverse in campo scientifico perché riguarda la possibilità, insieme al liquido, di trovare tracce di vita o anche solo possibili condizioni favorevoli.
Alla base dell’ipotesi è la similitudine con le condizioni osservate sul nostro pianeta nella zona dei laghi sub-glaciali antartici. Lì le temperature si trovano al di sotto dello 0° grado centigrado, ma l’enorme pressione esercitata dal ghiaccio superficiale modifica il punto di fusione dell’acqua facendola permanere in uno stato liquido. Ciò permette di spiegare anche lo scivolamento dei ghiacciai con basso attrito rispetto alla superficie su cui si poggiano. Tutto ciò era stato dimostrato sperimentalmente.
Per compiere la stessa verifica su Marte, gli studiosi hanno usato il Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding (MARSIS), ovvero uno strumento radar italiano montato sul Mars Express, per monitorare la regione del del Polo Sud di Marte, chiamato Planum Australe.
Dalle analisi effettuate tra maggio 2012 e dicembre 2015 è emersa una discontinuità a 1,5 chilometri circa di profondità che si estende in orizzontale per 20 chilometri. Situazione simile a quella terrestre, indicando corretta l’ipotesi di partenza.
L’acqua inoltre conterrebbe tracce di sali di magnesio, calcio e sodio rendendola salmastra e abbassandone dunque la temperatura di solidificazione. L’ipotesi di Orosei e colleghi è che seppur in una condizione di – 74 C° e con una pressione di 1,5 chilometri di coltre glaciale, il punto di fusione dell’acqua su quel punto del pianeta Marte sia così basso da giustificarne lo stato liquido. Al fi là della scoperta in sé, ma anche il metodo di ricerca utilizzato che potrà essere usato come modello per future ricerche.
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