Nei dati sul livello di istruzione pubblicati dall'Istat si evidenzia come la percentuale di giovani che non studiano e non lavorano sia del 24,1%. Pochi i laureati in Italia, mentre resta alto il livello di abbandono degli studi in giovane età.
In Italia tra i 15 e i 29 anni c’è un vero e proprio esercito di giovani che non studiano e non lavorano e che conta al suo servizio ben 2 milioni e 189 mila ragazzi e ragazze. Più o meno, è come se due città come Milano e Torino fossero popolate unicamente da neet, sigla che sta per “Neither in employment nor in education and training”.
Si tratta di un dato messo in evidenzia dall’Istat e relativo ai dati sui livelli d’istruzione del 2017, numeri che collocano l’Italia nettamente al di sopra della media UE, pari al 13,4%. Per il nostro Paese, infatti, la percentuale di neet è del 24,1%, quasi un giovane su quattro. La percentuale è minima (11,9%) tra i ragazzi tra i 15 e i 19 anni, ma sale vertiginosamente al 31,5% tra i 25-29enni.
Dieci anni fa, ai livelli pre-crisi, la percentuale di neet era del 19,3%; dopodiché il dato è cresciuto in modo costante, toccando il picco nel 2014 e iniziando ad abbassarsi in concomitanza dei primi segnali di ripresa. Tuttavia, l’Istat evidenzia come il 2017 sia stato il primo anno in cui la percentuale è rimasta immutata rispetto a quello precedente; segno, questo, che le azioni del passato governo non hanno avuto l’effetto sperato sui giovani.
Le cose, negli ultimi tre anni, sono migliorate soprattutto per i giovani con un titolo di studio “medio” (qui i neet sono passati dal 28,3% al 25,5%) o “alto” (dal 26,4% al 21,4%). Il calo è minimo invece tra i ragazzi che hanno solo il diploma di terza media (dal 23,9% al 23,4%).
Non solo una differenza di titoli di studio, la percentuale di chi abbandona le aule scolastiche è anche una questione territoriale. L’Istat evidenzia, infatti, come il tasso di abbandono degli studi nella fascia 17-24 anni sia del 18,5% nel Mezzogiorno, del 10,7% al Centro e dell’11,3% al Nord.
L’alta percentuale di abbandono precoce degli studi influisce anche sul dato relativo a uomini e donne in possesso di un titolo di studio “terziario” (ossia laurea, Afam o titoli post-laurea), creando un effetto-imbuto da cui sono in pochi a passare. Esaminando da vicino la fascia di età dai 30 ai 34 anni, la percentuale è qui pari al 26,9%, contro il 39,9% della media UE. Così, nonostante un aumento di 7,7 punti in dieci anni, l’Italia resta penultima tra i Paesi dell’Unione e non è riuscita a ridurre il divario con l’Europa. Anche in questo campo, la quota di 30-34enni laureati, già bassa al Nord e al Centro (30% e 29,9%), nel Mezzogiorno si riduce ulteriormente al 21,6%.
Infine, unica nota lieta è quella inerente al livello d’istruzione delle donne, più alto rispetto a quello degli uomini: il 63% ha almeno un titolo superiore (contro il 58,8% degli uomini) e il 21,5% ha una laurea (contro il 15,8% degli uomini). Inoltre, l’istruzione femminile sta aumentando più velocemente di quella maschile.
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