Quello della cannabis è uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni, perché divide l’opinione pubblica tra chi è favorevole all’uso anche nella medicina e ne chiede anche la legalizzazione, e chi invece è contrario e ne chiede la messa al bando in quanto sostanza stupefacente.
Nel 2016 è stata approvata dal Parlamento la legge 242, che consente la produzione e la commercializzazione di prodotti a base di canapa anche in Italia, a condizione che il Thc (il principio attivo) contenuto in questi prodotti non superi lo 0, 2%. Se dovesse essere superiore (non oltre lo 0,6%) si è in una soglia di tolleranza, ma superata quella soglia i prodotti possono essere ritirati e la produzione di canapa sequestrata e distrutta; allo stesso tempo è vietata l’importazione di semi dall’estero, oltre alla produzione di piante ibride.
Con questa legge la cannabis può essere utilizzata per diversi scopi. Dai semi si possono produrre prodotti come pane, pasta, biscotti, olio, che secondo degli studi contengono molte proteine, si digeriscono facilmente e possiedono un rapporto equilibrato tra omega 3 e omega. Inoltre, dato che le fibra della canapa sono molto resistenti, queste sono utilizzate nell’abbigliamento e in bioedilizia grazie al loro potere isolante. Tutti questi prodotti vengono definiti dalla legge cannabis light o cannabis legale o cannabis leggera, perché depotenziati dagli effetti del Thc, presente ma in modiche quantità (in una soglia che va dallo 0,2% allo 0,6% massimo).
Data l’apertura della legge, sono cresciuti gli utilizzi della canapa e sono aumentati pure i negozi che vendono prodotti con la cannabis light: si trovano facilmente nelle tabaccherie, per esempio, numerosi prodotti con la cannabis light. Anche a Catania ci sono numerosi distributori, installati negli ultimi mesi in cui è possibile acquistare bevande con la canapa depotenziata.
Solo che il Ministero della Salute nello scorso mese di febbraio ha richiesto un parere al Consiglio Superiore di Sanità, ponendo due quesiti: uno sulla pericolosità per la salute umana e l’altro sulla commercializzazione dei prodotti con la cannabis light, ed eventualmente con quali condizioni.
Il Consiglio Superiore di Sanità ha risposto al primo, “ritenendo che il prodotto in commercio, nonostante la quantità modica di Thc, risulta pericoloso perché anche se presente in quantità basse e in percentuali consentite dalla legge, tali quantità possano essere assunte e accumulate in alcuni tessuti quali cervello e grasso ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili”. Inoltre tali consumi, “avvengono al di fuori di ogni controllo e misurazione della quantità effettivamente assunta e quindi non si sa che tipo di effetti psicotropi possano produrre”.
Infine, su alcuni soggetti (donne incinte e quindi feto, neonato, bambini e persone che si mettono alla guida) non si sa che tipo di effetti possa avere il consumo di prodotti a base di cannabis light, in relazione a specifiche condizioni quali stato di gravidanza, assunzione di farmaci o presenza di patologie concomitanti che possono causare effetti collaterali e che producono effetti per se stessi o per gli altri.
Quanto al secondo quesito posto dal segretariato generale del ministero della Salute, il Consiglio Superiore di Sanità ritiene che “tra le finalità della coltivazione della canapa industriale” previste dalla legge 242/2016, quella che ha ‘legalizzato la cannabis light, “non è inclusa la produzione delle infiorescenze né la libera vendita al pubblico; pertanto la vendita dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light’ o ‘cannabis leggera’, in forza del parere espresso sulla loro pericolosità, qualunque ne sia il contenuto di Thc, pone certamente motivo di preoccupazione”.
Da adesso la palla passa al Ministero della Salute, che dovrà decidere in base al parere richiesto se vietare la vendita oppure no di prodotti a base di cannabis light e come eventualmente regolare la vendita di questi prodotti.