“L’arte e la cultura rimandano ad un concetto di bellezza che serve a fornire all’uomo strumenti migliori per la convivenza sociale e civile” così dice il famoso regista Giuseppe Tornatore e questo concetto di arte intesa come dialogo ed incontro con un altro individuo sembra essere largamente condiviso da docenti, artisti e studenti. Ai microfoni di LiveUnict, di questo e di tanto altro, ci ha parlato il docente di Antropologia, Stefano Puglisi, che è l’ideatore della perfomance culturale tenutasi domenica 17 giugno in piazza Università, intitolata Avanguardia Accademica: la rinascita dei luoghi deputati.
Al docente, in primis, abbiamo chiesto se questa perfomance si può considerare un esperimento di antropologia sociale. “È un esperimento di antropologia – ha risposto il professore – perché l’immaginazione è prettamente umana, la nostra metafisica è tutta immaginazione e l’uomo è per il 90% un essere culturale. Ciò che noi siamo è cultura, perché il nostro modo di pensare, l’essere più o meno aperti alla realtà lo si deve: all’ambiente da cui si proviene, alla famiglia, agli studi e così via. Allora deve esserci la possibilità di comprendere la realtà che ci circonda, nelle varie sfaccettature, così ci si può aprire al mondo”.
Subito dopo, Puglisi spiega com’è nato questo evento: “Questa perfomance culturale di oggi, parte dal presupposto di arte come autogenerazione. Ovvero l’arte non più in relazione ad una maniera e ad una retorica, ad esempio quando butto un seme nella terra, ho fatto un atto ma l’effetto che poi si svilupperà è al di fuori di ogni mia immaginazione, ed è questo quello che sta succedendo all’arte nella nostra contemporaneità. Basta immaginare realtà come Instagram, Facebook e il web in sé: sono sistemi creativi di autogenerazione – aggiunge il docente – e chi li ha sviluppati non poteva mai immaginare che si creasse tutto ciò. Quindi il ‘seme’ si sviluppa in base all’ambiente ed è chiaro che il rapporto uomo e ambiente è un rapporto inscindibile anche se nella nostra contemporaneità si sta spezzando sempre di più, perché – ci confessa – la società ha sviluppato un tipo di uomo che è sempre di più un consumatore. Ed è così che la piazza, il luogo deputato all’incontro per eccellenza fatto di leggende, miti e superstizioni ha perso quella che era la sua funzione.
Ma l’uomo è in grado di fare ancora qualcosa contro questa triste realtà? “Dobbiamo renderci conto dell’autenticità di questi luoghi. Basti pensare ad un inglese che va ‘a fera o’luni’ si immerge nel folklore ed entra in contatto con il catanese, solo così si crea scambio interpersonale. Ai ragazzi ho consigliato di fermare i passanti e di fargli ammirare la piazza, perché è importante riappropriarsi e guardare con occhi diversi questo luogo che ci appartiene. A noi appartiene – continua il prof. – questa autenticità che è una ricchezza, perché è contro la globalizzazione, contro un unico modo di vedere le cose e di pensare, contro la realtà virtuale che incombe sempre di più”.
Un discorso coinvolgente e che colpisce quello del docente, secondo il quale: “Oggi viviamo in un mondo che è sempre più in diretta e che non esiste se non in onda, perché ormai si vive di apparenza senza essere. Nel momento in cui invece crei un’interazione pragmatica con la realtà non puoi fare altro che metterti in relazione con qualcuno che non conosci e devi sfruttare una delle grandi facoltà dell’uomo: l’immaginazione. Perché solo l’uomo, nel mondo, – afferma il docente – riesce a riflettere su quella immagine e ad immaginarla. Se noi immaginiamo l’immagine possiamo creare una storia ed è quello che stiamo creando qui. Ognuno di noi ha immaginato e ha creato questa piazza a modo, suo pur avendo delle basi e dei punti di riferimento. Perché – conclude Puglisi – questo luogo parla, anche con i materiali stessi con cui è fatto, come la pietra lavica. Ed è questo il bello: l’essere umano ha bisogno di cercare i perché delle cose, perché non è finita la sfida anzi l’essere umano non ha risposto nemmeno ad un perché e se non sviluppiamo le domande non avremo mai risposte. Da queste idee comincia la riappropriazione di questo luogo”.
Camminando per la piazza, ora, vedendo i ragazzi mettere in pratica le idee raccontate dal docente assume un altro significato. “Abbiamo deciso di incentrarci sui materiali, riproducendo su carta quella che è la texture – afferma Angela – spiegando quali materiali sono stati usati per creare Piazza Università, ad esempio la pietra lavica o il marmo policromo e la pietra di Siracusa, utilizzati per la costruzione dei palazzi”.
Spostandoci un po’ più in là, un’altra studentessa racconta: “Stiamo seguendo il corso di Antropologia delle società complesse e il nostro insegnante ci ha chiesto di fare questa perfomance per far rivivere questo luogo deputato che è Piazza Università perché molto spesso i turisti o anche i catanesi passano da qui tutti i giorni e non si rendono conto di ciò che li circonda. Noi, nel nostro specifico, – continua la ragazza – stiamo raccontando la storia dei palazzi, costruiti dopo il terremoto del 1693, e la storia dei candelabri che raffigurano quattro leggende diverse, realizzati nel 1957, narrano di: Colapesce, Gammazita, dei fratelli Pii e del Paladino Uzeda. Per l’occasione, abbiamo realizzato dei segnalibri e ognuno di essi racconta le loro storie ma in dialetto siciliano”.
Gli studenti di Graphic Design, invece, hanno preparato altro: “Ci siamo preparati durante il corso, dividendoci in sottogruppi e da lì abbiamo lavorato creando vari oggetti diversi che vanno dagli studi di grafica all’esperienza tattile, ad esempio noidel biennio, abbiamo fatto degli origami. Ci siamo accorti che attirano molto, soprattutto i bambini, perché sono colorati”.
Ai ragazzi, è stato chiesto anche qual era l’obiettivo che volevano raggiungere con la perfomance. In questo caso, la risposta è stata unanime: far conoscere Catania e Piazza Università, agli stranieri ma anche ai catanesi. Nel dettaglio, “L’obiettivo è comunicare, divulgare e mettere in risalto Piazza Università che da troppi è reputato come un luogo di passaggio e invece è pieno di storia. Ci sono ad esempio un sacco di leggende legate alla piazza ma abbiamo scoperto che nemmeno i catanesi ne sono a conoscenza. Bisogna far conoscere l’arte, si pensa che noi ragazzi dell’Accademia facciamo qualcosa di banale e invece non è così, perché c’è molto studio e lavoro dietro”.
Non possiamo che concludere facendo i complimenti agli organizzatori di Avanguardia Accademica, al professor Puglisi e agli studenti dell’Accademia di Belle Arti perché hanno realizzato una perfomance piena di creatività, mixando al meglio l’arte e la storia in modo leggero ed originale. In fondo, non tutto si impara sui libri: a volte basta solo essere curiosi, scendere in piazza, alzare gli occhi e ammirare tutto ciò che ci circonda.