In Italia, il ruolo degli insegnati è ancora oggi sottovalutato e poco valorizzato sia a livello economico e politico sia a livello etico. Pochissimi giovani dichiarano di voler fare questo mestiere, ma in altri Paesi è la professione ambita.

Quello dell’insegnante è stato sempre un mestiere complicato. Da sempre, gli insegnanti sono stati la risorsa più grande in termini di civilizzazione ma anche in termini di avanzamento politico ed economico. Alcuni Paesi sembrano averlo capito e puntano tutto su questa figura poliedrica, altri non sembrano ancora valorizzarla abbastanza.
In Corea, Svizzera, Giappone o Germania, ad esempio, il vivaio dei “futuri docenti” è composto dei migliori studenti del Paese. In Italia, invece, quello dell’insegnante sembra essere il mestiere più bistrattato di tutti. Lo dimostra il nuovo rapporto “Politiche efficaci per gli insegnanti”, pubblicato dall’Ocse sulla base della rilevazione Pisa sull’efficacia dei sistemi scolastici nazionali: nessuno, o quasi, in Italia vuole fare l’insegnante.
Se si domanda a uno studente 15enne italiano quale lavoro pensa di fare “da grande”, solo il 3% – il 5% tra le ragazze e l’1% tra i ragazzi – dirà di voler diventare insegnante. Secondo l’Ocse, ciò sarebbe da ricondurre ai salari poco elevati rispetto agli altri Paesi ma anche, e soprattutto, alla scarsa attenzione dedicata dalla classe politica alla formazione dei docenti.
Ne consegue che a farne le spese siano la qualità dell’insegnamento, la professionalità dei docenti e la formazione degli studenti che non riescono a godere, al pari di altri Paesi, di un sistema all’avanguardia che dà vita a un percorso che sia veramente formativo e utile in termini di crescita personale, professionale e collettiva.
A ciò, si aggiunge il fatto che in Italia, così come in Francia e negli Stati Uniti, c’è un enorme divario tra le qualifiche degli insegnanti delle scuole ad alta concentrazione di studenti svantaggiati e delle scuole più avvantaggiate. Nella nostra Penisola, l’Ocse ha registrato, ad esempio, che le scuole superiori con una maggior concentrazione di studenti svantaggiati sono meno attrezzate dal punto di vista dei docenti.
Quest’ultime, infatti, hanno ad esempio una percentuale minore (83%) di insegnanti in possesso di abilitazione, rispetto alle scuole superiori più avvantaggiate da un punto di vista socio-economico (97%), e una maggiore presenza di insegnanti precari (26% tra gli insegnanti di scienze e 21% tra gli insegnanti restanti contro il 12% e l’8%, rispettivamente).
La soluzione, secondo l’Ocse, risiederebbe nel mettere in atto politiche più efficaci che possano permettere a insegnanti qualificati di essere presenti anche nelle scuole più “difficili” e di aumentare, in parallelo, le responsabilità dei capi di istituto, che possono svolgere un ruolo importante nella formazione dei docenti.
Bisogna, infine, migliorare necessariamente la considerazione del ruolo del docente all’interno della società per poter attrarre professionisti più qualificati che, al pari degli altri Paesi, possano trasmettere agli adulti di domani passione ma anche, e soprattutto, competenze.
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