Arrivato a Catania per l'ultima tappa del suo "Cosmotronic tour", il cantautore piemontese Cosmo si conferma una delle figure più interessanti del panorama musicale contemporaneo: il racconto della serata.
In un momento storico di profondo rinnovamento per la musica italiana, ma anche di sovraffollamento attorno a un genere non bene identificato che va sotto il nome di “indie”, una personalità come quella di Marco Jacopo Bianchi (in arte Cosmo) è esattamente quello di cui avevamo bisogno. Dai Drink to Me alle cover di Battiato e Battisti, quest’artista originario di Ivrea – ex professore di storia, dj e producer che si è fatto largo sgomitando per tutta la Penisola e arrivando anche in Europa – oggi è al suo terzo album.
Dopo Disordine (2013) e L’ultima festa (2016) certificato disco d’oro, a gennaio del 2018 Cosmo pubblica il suo ultimo disco ‘Cosmotronic’ che prosegue e amplifica, sotto tutti i punti di vista, la scia del precedente album che l’aveva già consacrato come uno dei nomi più interessanti dell’attuale panorama italiano. Cosmotronic è sicuramente un album coraggioso e felicemente sfacciato, ma soprattutto è il risultato di un percorso che sembra finalmente mettere a nudo la vera propensione dell’artista: quella per la musica elettronica.
In un connubio felicissimo tra cantautorato e musica da club, che sfiora l’invenzione di un nuovo genere musicale, questo disco si presenta come una vera e propria bomba ad orologeria pronta ad esplodere dal vivo. Per vedere se è vero, siamo andati all’ultima tappa indoor del “Cosmotronic tour” al Land di Catania e, com’era prevedibile, non siamo rimasti delusi. Marco Jacopo Bianchi è un clubber che non ha ancora smesso di far festa e il live di Cosmotronic è un vero e proprio party che lascia senza fiato.
È con un giubbotto fluo che, alle 23.20 circa, Cosmo sale sul palco davanti a una sala gremitissima di gente. Non c’è tempo per perdersi in chiacchiere e il flusso continuo di pezzi, mixati in sequenza, inizia con il primo brano dell’ultimo album: Bentornato. Due percussionisti con due batterie elettroniche accompagnano tutta la prima parte del live che, assieme alle tracce del nuovo disco, ci propone anche qualche vecchia conoscenza: Le voci e Dicembre si alternano a Tutto bene, Quando ho incontrato te e Tristan Zarra.
Dopo la prima parte che lascia già intuire il format particolarissimo ideato dall’artista, con coriandoli e un insieme di luci e laser costruiti in maniera quasi maniacale, si arriva in quello che potremmo definire l’Upside-Down del live con un momento strumentale che presenta le tracce della seconda parte dell’album, visibilmente più dark ed elettronica rispetto alla prima. Via le batterie, via i microfoni. Sul palco, solo Cosmo alla consolle in quella che sembra essere la sua vera e propria vocazione: la musica da club. Una musica che per mezz’ora, tra gli sguardi smarriti di alcuni che credevano di andare a un concerto e invece si sono ritrovati a ballare la techno, fa saltare l’intera sala.
L’ordine naturale viene ristabilito nell’ultima parte del concerto che, solidissima, sembra racchiudere le due anime del live: Sei la mia città, L’amore, Animali e Turbo vengono cantati all’unisono dal pubblico ma anche ballati, segnando l’apice di una serata che, giocando a soddisfare i gusti di tutti, non sembra aver scontentato nessuno. Lo spettacolo non può che chiudersi con L’ultima festa durante la quale, sulla scia degli ultimi live e senza esitazioni, Cosmo si lancia fiducioso in uno stage diving da paura. La folla non lo lascia neanche per un secondo (o quasi), ma anche stavolta Bianchi è riuscito a venirne fuori indenne, salutando i presenti con la solita vitalità che lo contraddistingue.
Più che un concerto, allora, Cosmotronic è una vera e propria festa: un mix di suoni e di colori accecanti che, con infinite variazioni e impennate mirabolanti, fanno ballare senza lasciare spazio alla noia. Alla fine di un live di due ore, ci si ritrova ancora carichi e con tanta adrenalina in corpo, ma nonostante l’eccitazione della techno e la voglia di continuare a saltare, un velo di malinconia, quella che traspare dalla parte più cantautoriale di questa esperienza, si sovrappone all’euforia in uno stato d’animo dal sapore agrodolce. E allora si torna a casa così: felici sì, ma confusi, spaccati, fatti, e sfatti.
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