Pendolari e autobus: 6 elementi che rendono il vostro viaggio impossibile
Chi è pendolare lo sa molto bene. L’autobus è quella bestia mitica impossibile da domare, il ponte che devi attraversare necessariamente, pur sapendo che, in questo modo, si avrà a che fare con un fastidioso troll. Con la sola eccezione che molti di quei troll sull’autobus te li ritrovi proprio accanto, pronti a condividere il tuo spazio vitale in piena ora di punta.
Sapete qual è il peggior nemico della maggior parte degli studenti universitari? Non stiamo parlando del professore che decide di non aprire le proprie porte in orario di ricevimento né dell’assistente che, in sede d’esame, decide di provare a testare la vostra memoria fotografica chiedendovi “cosa c’è nel terzo paragrafo di pagina 452; non sono le macchinette guaste alle 8 del mattino o i bagni sporchi alle 3 del pomeriggio. E già a questo punto dovreste sentire l’ansia che vi assale. A questo elenco manca solo l’aula affollata alle 10 del mattino per una lezione con obbligo di frequenza in pieno maggio.
Cosa può esistere di talmente fastidioso e snervante da far impallidire gli elementi della lista?
La risposta è una, tanto semplice da far quasi male: autobus. Un’occhiata a personaggi ed eventi che mettono ogni giorno a dura prova la pazienza del pendolare medio.
L’adolescente. È chiassoso, si muove in grossi branchi armati di zaini e tute cerate. Lo si sente spesso parlare di compiti in classe andati male a volume dolorosamente alto. E tu, studente pendolare, che torni da una pesantissima giornata passata in un’aula universitaria sovraffollata, in un’aula studio troppo fredda o troppo calda per il periodo, saresti anche disposto a perdonarlo perché anche tu sei stato, una volta, come lui. Ma capisci di essere cresciuto quando scopri di voler soltanto prendere a schiaffi il povero stolto che dice “eh, però per domani abbiamo 10 pagine e non le ha nemmeno spiegate, non so se ci arrivo: il pomeriggio devo dormire un po’”.
L’aria condizionata. Non funziona mai nella misura in cui “quando è attiva non è una sensazione piacevole”. Perché a chiunque verrebbe in mente di accendere i condizionatori in piena estate, quando quasi ti senti sollevato se il termometro del negozio più vicino segna 45°. Alle sei del pomeriggio. Ma vogliamo parlare dell’autista che decide di ricreare il microclima del villaggio di Babbo Natale già a partire dal 21 marzo?
La terza bussola. Nella fascia oraria di maggiore affluenza, l’autobus è più simile a un carro bestiame che a un mezzo pubblico. Compressi come sardine, moralmente costretti a offrire la cena al tuo vicino, con il quale involontariamente sei già arrivato in seconda base. Ti trovi in fondo all’autobus, pronto a schizzare fuori da quella tortura che ormai ti ha assorbito fino a farti diventare un tutt’uno con le pareti (ma guarda il lato positivo: non rischi di cadere a terra dopo l’ennesima frenata brusca). Si aprono tutte le porte, ma non quella più vicina. La famigerata terza bussola. I più coraggiosi osano sfidare l’autista, chiedendo a gran voce l’apertura di quelle due porte. Ma nella maggior parte dei casi, sei destinato a rimanere intrappolato, fino alla fine dei tuoi giorni, come Sputafuoco Bill Turner sull’Olandese Volante. O fino alla prossima fermata.
La macchinetta obliteratrice fuori uso. Talvolta mente, mostrando sul display la scritta “in funzione” per poi risputarti indietro un biglietto non timbrato; altre volte ce l’ha semplicemente con te. Morale della favola: sei destinato a beccarti una di queste macchinette nell’unica giornata in cui il controllore decide di fare un giro sulla tua vettura. E tu, come in un film horror, inizi ad alternare occhiate nervose alla macchinetta e al controllore, così fino a sentire lo scatto che conferma il successo dell’operazione. Quest’unica esperienza traumatica ti avrà privato di dieci anni di vita, ma almeno non sarai costretto a pagare una multa!
Il vecchietto e il suo posto. Se pensi d’essere l’unico a prendere l’autobus tutti i giorni alla stessa ora, ti sbagli di grosso. Poniamo il caso che tu sia tanto fortunato da trovare un posto, un miraggio, proprio in fondo, di quelli rivolti dalla parte opposta. Ti siedi, ti prepari a un viaggio tormentato dai sintomi del mal d’auto, ma è un piccolo prezzo da pagare per la comodità del tuo regal deretano. E poi arriva lui, il vecchio burbero che ti si piazza accanto guardandoti in cagnesco, senza aprire bocca. Perché non c’è bisogno di parole, il tuo errore è lampante: sei seduto al suo posto. Ti alzi, colto da un improvviso e immotivato senso di colpa accompagnato da un sottofondo irritato di “questi giovani”. Nonostante tu abbia già superato i 30 e sia pieno di dolori reumatici.
Spazio personale. Non esiste, è solo un’invenzione occidentale, come il diritto alla privacy. Chi viaggia in autobus sa che respirerà i germi del suo vicino per tutta la durata del tragitto e dovrà ascoltare la personalissima conversazione al telefono di qualcuno, dall’altra parte del veicolo, che racconta al cugino dei problemi intestinali del coniuge, del tappeto rovinato dal cane e della strana verruca trovata sotto la pianta del piede “proprio questa mattina”. E alla domanda “secondo te dovrei andare dal medico” è più probabile che rispondano gli altri passeggeri.
Silvia Di Mauro
Studentessa di lingue, ha fatto della scrittura la sua raison d'être. Dalle recensioni di libri, serie TV e film alla pubblicazione di un libro con lo pseudonimo di Christine Amberpit, si dedica anche alla sceneggiatura e produzione di serie per il web, corti, video musicali e pubblicità.
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22 Novembre 2024
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