La mancata conoscenza dell'inglese potrebbe essere un grande limite, uno di quelli che spingono in tanti a rinunciare a posti di lavoro. Ne abbiamo parlato con Chiara Licini, responsabile del centro linguistico Athena di Catania.
Quante volte sarà capitato di imbattersi in un annuncio di lavoro e rendersi conto che quello è ritagliato esattamente su misura delle proprie capacità e ambizioni? Tranne che per un piccolo, neppure troppo trascurabile, dettaglio: la conoscenza della lingua inglese.
È inutile negarlo, l’occupazione giovanile si trova ai minimi storici da molti anni oramai, inducendo in tal modo migliaia di ragazzi ad abbandonare il Paese alla ricerca di migliori prospettive di carriera. Eppure, a volte può capitare che non sia il lavoro a mancare, ma la disponibilità di manodopera qualificata.
Con l’avvento della stagione turistica, molte strutture ricettive, di animazione e accoglienza sono in fibrillazione e alla ricerca di personale stagionale prevalentemente giovane, che sia qualificato e in possesso di una conoscenza fluida almeno dell’inglese. Ne abbiamo discusso con la responsabile del centro didattico Athena di Catania, Chiara Licini.
Che possa piacere oppure no, infatti, la padronanza delle lingue straniere (in primis, dell’inglese) può diventare realmente il discriminante tra l’essere assunti e il restare disoccupati. “Oramai l’inglese è richiesto in qualunque campo – spiega Chiara Licini – e non esistono più ambiti lavorativi in cui non sia necessario. Spazia ovviamente dall’ambito turistico, sia dai livelli più bassi ai più alti (anche il cameriere, per intenderci, deve conoscere le lingue), a tutti gli altri. Se si pensa, inoltre, che la Sicilia è da tempo e per fortuna una delle mete turistiche più ricercate, si capisce come tutti dovremmo saper conversare in inglese, anche soltanto per poter dare una semplice indicazione”.
Se esiste un primo mito da sfatare a tutti costi, quello è di certo la convinzione che l’inglese possa essere imparato solo durante gli anni scolatici e che esista un’età oltre la quale non sia più possibile cominciare a studiarlo e impararlo.
“Si rivolgono al nostro centro linguistico diversi tipi di utenti – spiega – soprattutto ragazzi nella fascia d’età dai 20 ai 35 anni, che ancora studiano all’università, oppure neolaureati che durante i loro studi non hanno avuto tempo per dedicarsi alle lingue e si rendono conto dopo dell’importanza. Ma si rivolge a noi anche gente adulta che già lavora, o vuole cambiare lavoro e quindi arricchire il proprio curriculum inserendo una o più lingue, o, ancora, anche persone che lo fanno semplicemente per diletto”.
Ma da cosa deriva questa difficoltà ad apprendere l’inglese? Da decenni, in effetti, la lingua e la cultura inglese sono diventate materie obbligatorie della scuola pubblica in Italia, ma ciò non sembrerebbe aver annullato le lacune che molti ancora riscontrano.
“L’intoppo sta proprio nella scuola – continua la responsabile del centro Athena – è vero, infatti, che ormai anche i bimbi all’asilo e al nido studiano l’inglese, però lo studio della materia non viene preso seriamente. La scuola poi è carente in tutto, in ciò rientra anche la lingua inglese, che è ancora vista come una materia messa in secondo piano. Se già i ragazzi hanno lacune in italiano e la grammatica è per loro un mondo sconosciuto, immaginiamo la lingua inglese. Inoltre molti docenti sono ancora vecchio stile e accade spesso che lo studente non sia attratto da questa lingua ma la veda come un peso e una materia da studiare e basta. Al contrario, dovrebbe essere vista come un mezzo che aiuta a comunicare”.
Quale sarebbe, dunque, il metodo più efficace per imparare più facilmente e piacevolmente la lingua? “Partecipare a tutte le attività in lingua, che ormai sono tantissime, come i cineforum. E poi i viaggi! Ci sono tante organizzazioni che organizzano gite d’istruzione e periodi all’estero. Io, ad esempio, conosco un ragazzo che sta facendo il quarto anno scolastico in America. Per lui sarà un’esperienza incredibile, l’ho sentito ed è contentissimo. Si tratta di un’eccezionale opportunità per lui, che ovviamente tornerà con un bagaglio culturale arricchito. L’apprendimento dell’inglese, in questo caso, viene messo in secondo piano, è soltanto un mezzo per fare ciò che gli piace, divertirsi, parlare con i suoi amici, andare a fare basket. La lingua, infatti, non è solo lingua, è anche cultura ed esperienza di vita. Se si comprende questo, il gioco è fatto”.
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