Tutti conosciamo almeno una persona che è andata a vivere all’estero, per necessità lavorative o per capriccio, o che ha deciso di buttarsi in quella strana avventura che è l’Erasmus. In un periodo in cui gli spostamenti sono diventati più semplici, così come lo è la comunicazione internazionale, una simile modifica alle proprie abitudini non sembra nemmeno tanto strana.
Ma sapevate che esiste un ulteriore lato positivo?
Uno studio condotto presso la statunitense Rice University, in collaborazione con la University of North Carolina e la Columbia University, ha dimostrato come vivere all’estero per un periodo di tempo prolungato aumenti la coscienza di sé e delle proprie capacità.
Ai 1874 partecipanti, raccolti tra le università, studenti provenienti da corsi internazionali e internet, tra i quali erano presenti anche persone che non hanno mai viaggiato, è stato chiesto di compilare sei diversi questionari. Al termine dello studio si è visto come chi aveva vissuto (o in quel momento viveva ancora) all’estero mostrava una maggiore consapevolezza di sé, del livello di istruzione, dei difetti e dei pregi della propria personalità derivanti dall’ambiente in cui era cresciuto. La spiegazione è semplice: vivendo a contatto con persone appartenenti a una cultura diversa dalla propria – e non limitarsi a interagire con loro come semplici turisti – ci apre al confronto e, nel migliore dei casi, alla crescita. Vivere all’estero contribuisce alla diminuzione dello stress, incrementa le soddisfazioni personali e aiuta a trovare la propria dimensione anche a livello lavorativo.
Era il filosofo tedesco Hermann Keyserling a dire che la via più breve per giungere a se stessi gira attorno al mondo, e a 100 anni di distanza na abbiamo la conferma.