I dati Istat, inerenti all’anno 2017, mostrano un lieve aumento dei livelli di occupazione nel Paese. Il Mezzogiorno, tuttavia, continua ad allontanarsi dagli standard nazionali.
Nessuna novità emerge dagli ultimissimi dati Istat che fotografano le condizioni di disoccupazione nel Paese per l’anno 2017. Se l’occupazione subisce una lieve crescita, infatti, questa riguarda solo marginalmente il Mezzogiorno, che continua ad allontanarsi sempre più dal resto dell’Italia. Nord e Sud, due universi paralleli e quasi inconciliabili, sembrano quasi non voler proprio entrare in contatto tra loro e aver imboccato due strade, forse irrimediabilmente, opposte. Se l’occupazione in alcune regioni particolarmente virtuose del Bel Paese si attesta a livelli tra il 62, 5% e il 72,9%, le regioni del Sud restano, ancora una volta, fanalino di coda con percentuali tra il 37,5% e il 46,4%.
Come se non bastasse, però, ad aggravare il divario territoriale, si mettono anche differenze sostanziali che riguardano le regioni stesse del Mezzogiorno. Laddove emergono miglioramenti rilevanti delle condizioni di occupazione, permangono, tuttavia, agglomerati urbani dove, al contrario, la disoccupazione continua a crescere a ritmo continuo. È il caso, senza dubbio, di Molise e Basilicata, le quali, in controtendenza, rispetto al range nazionale in primis e delle altre regioni meridionali in secondo piano, vedono una crescita dei livelli di disoccupazione.
All’interno delle regioni stesse, inoltre, emergono sostanziali differenze che non fanno altro che tracciare un quadro sempre più frantumato e disomogeneo. La Sicilia, per esempio, non potrebbe apparire più frammentata di così. La fotografia fatta dall’Istat, infatti, mostra un’Isola priva di logica, che affianca città caratterizzate da una lieve ripresa ad altre in cui la disoccupazione fa registrare addirittura un aumento.
Mentre crescono parzialmente le provincie di Palermo (con una diminuzione dei tassi di disoccupazione pari al 3,8%), Siracusa e Caltanissetta, si registra un aumento della mancanza di posti di lavoro nelle città di Messina e Catania, dove il numero di disoccupati è salito rispettivamente del 3,2% e dell’1,6%. Tra le province meno virtuose, e cioè quelle con la fascia di disoccupazione più alta, si annoverano anche Enna, Agrigento e Trapani, mentre Ragusa, unica tra le città siciliane, lontanissime dagli standard nazionali, si avvicina a livelli di impiego non eccessivamente distanti dalla media del resto del Paese, con una percentuale tra il 46, 5 e il 52,2 per cento.
Nulla di nuovo, dunque, se non la convinzione, ormai consolidata, che non esistano meccanismi comuni per Nord e Sud, che continuano a muovere i propri ingranaggi ognuno in maniera indifferente all’altro, e l’esigenza, sempre più pressante e imminente, di un piano economico che riesca a ricondurre il Mezzogiorno a livelli se non altro simili a quelli del resto dell’Italia.
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