Lauree professionalizzanti come mezzo per accrescere lo sviluppo tecnologico italiano e fornire migliori strumenti ai futuri professionisti.
Dopo una trattativa durata un anno e in lieve ritardo rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea, le lauree professionalizzanti sono arrivate anche in Italia. Si tratta di percorsi triennali agevoli e funzionali, mirati a qualificare professionisti in diversi settori. Secondo quanto dichiarato al Corriere della Sera da Gaetano Manfredi, rettore della Federico II di Napoli e presidente della Crui (Conferenza dei rettori italiani), questo tipo di laurea costituisce un investimento notevole sia per gli studenti che per lo sviluppo tecnologico del paese, dove il numero dei laureati non supera il 25 per cento. Una percentuale poco lusinghiera che ci fa arrivare penultimi in Europa superando soltanto la Romania e ci pone in larga distanza rispetto a Francia e Germania.
Se le lauree professionalizzanti possono far si che l’Italia muova dei passi in avanti, dall’altro lato si configura il problema dei pochi posti disponibili che il prossimo anno saranno appena 600. “Gli Atenei si stanno tutti muovendo per questi nuovi percorsi, – afferma Gaetano Manfredi- spero che riusciremo ad allentare i vincoli sul numero di studenti. So bene che in Paesi come la Germania, dove le lauree professionalizzanti hanno aiutato a formare i tecnici e gli esperti che hanno contribuito maggiormente dagli anni duemila allo sviluppo tecnologico del Paese, costituiscono il 40 per cento del totale delle lauree. Spero che già nel 2020 anche da noi si possa parlare di decine di migliaia di studenti. La riforma è stata fatta a costo zero, certo ci vorranno investimenti e risorse che potranno essere pensate anche in forma di compartecipazione con i privati”.
Oltre alle difficoltà di accesso per via del basso numero di posti disponibili, quello che scoraggia molti giovani dall’intraprendere un percorso universitario è il ridotto numero di borse di studio che possano aiutare gli studenti e le famiglie a far fronte alle spese accademiche. “I primi segnali di ripresa economica e le misure per la no tax area-rassicura il rettore Manfredi – hanno contribuito quest’anno a far salire per la seconda volta di fila il numero degli immatricolati. Avremo più del cinque per cento di aumento delle immatricolazioni. Ma il numero di borse di studio è estremamente basso: bisognerebbe arrivare ad aiutare almeno uno studente su cinque, come avviene negli altri Paesi europei, altrimenti creiamo barriere occulte al diritto allo studio”.
Per evitare che le lauree professionalizzanti creino un divario tra Nord e Sud, questi percorsi saranno realizzati attraverso stage e laboratori in accordo con le aziende presenti sul territorio locale. Il Nord, dunque, creerà percorsi di stampo prettamente industriale, mentre il Sud orienterà i percorsi soprattutto verso il turismo e l’agricoltura. Eppure, un grande problema presente in modo quasi uniforme in tutto il paese è quello degli abbandoni nelle Università. “Questo è un vero problema.– dichiara il presidente della Crui- Capita quando la scelta dell’università non è consapevole. C’è spesso una distanza tra le competenze acquisite negli studi della scuola secondaria e le abilità richieste per frequentare l’università”.
Affinché i laureati in Italia aumentino è, dunque, necessario concedere un maggior numero di borse di studio (almeno del 20 per cento) e far sì che i privati investano sulle lauree professionalizzanti. Solo in questo modo “L’Università può davvero aprirsi a tutti e diventare un volano sociale”.