Nessuno poteva immaginare che l’era tecnologica avrebbe avuto così tanti svantaggi dal punto di vista sociale. Il “Cyberbullismo” è un fenomeno ormai radicato nella società odierna, negli studenti di scuole secondarie di I e II grado (medie e superiori); pertanto, secondo la nuova legge, la scuola si deve far carico di episodi di tale portata e pagare.
Di certo, l’intento della legge è quello di poter dare maggiore importanza ai controlli che mirano a smascherare atti di Cyberbullismo prima di degenerare. La nuova legge 29 maggio 2017, n.71, è il primo strumento normativo europeo effettivo contro tale fenomeno contemporaneo: un compito puramente preventivo a tutela dei giovani studenti e alla loro educazione. E sebbene, sia un approccio pedagogico, che vuole coinvolgere in modo attivo il corpo scolastico, ha un certo peso per gli stessi docenti. Una scarsa attenzione, dei deboli controlli e l’eventuale atto radicale di Cyberbullismo, è come infrangere la nuova legge.
La legge europea considera il reato di Cyberbullismo, come riportato da “OrizzonteScuola.it“, “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Ma perché la scuola dovrebbe farsi carico di questa responsabilità, dato che non è responsabile direttamente? Semplicemente, la legge, non dice che è la scuola ad essere l’agente e la causa prima del fenomeno del bullismo informatico; ma ne dà una certa responsabilità come luogo primo, dove di solito avvengono fenomeni dalle caratteristiche simili. Inoltre, è il primo luogo che introduce i giovani ad un ampio mondo telematico, dove i rapporti tra gli studenti s’intrecciano e si costruiscono sia nella realtà, sia nei social.
Pertanto, un giusto monitoraggio dei rapporti scolastici, con la collaborazione tra docenti e genitori, potrebbe tagliare direttamente la testa al serpente. Ovviamente, per monitoraggio non intendiamo il controllo orwelliano alla Grande Fratello, tramite teleschermi e psicopolizia: ma un giusto controllo delle relazioni pubbliche all’interno della scuola e anche una giusta educazione all’uso della rete. Quindi, gli uffici scolastici regionali dovrebbero necessariamente istituire dei corsi educativi, contro qualsiasi tipo di bullismo, compreso quello informatico, e la conoscenza di leggi atte a contrastare tale fenomeno. Sarà necessario che almeno un professore si proponga come referente per tali corsi educativi e che i presidi avvisino le famiglie e gli studenti.
Purtroppo il fenomeno del Cyberbullismo è una realtà viva all’interno del territorio nazionale. Basti pensare anche alle molestie di minori, con trattamento illecito di materiali personali (foto, video, ecc.), che ultimamente pare essere all’ordine del giorno. Non solo, oggi, il 98% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone; mentre il primo profilo sui social compare intorno all’età di 9 o 10 anni, con l’utilizzo del primo telefono con accesso a internet all’età di 11 anni. Una questione anche generazionale, con i tempi moderni in continua trasformazione, non stare al passo significherebbe perdersi in un’auto-reclusione (il più delle volte).
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