“In quale paese civile uno studente universitario deve rimanere in attesa di sostenere un esame ben 12 ore (dalle 8 alle 20) insieme ad altri sfortunati altri 130 colleghi?”: scrive il genitore di una studentessa universitaria, in una lettera pubblicata su Lasicilia.it.
“Penso che una cosa del genere possa accadere solo in Italia. – spiega il genitore – Abbiamo già avuto molteplici dimostrazioni di come siano ‘gestiti’ certi atenei nella nostra nazione, professori che si credono dei veri e propri feudatari che possono disporre dei loro vassalli (assistenti) o servi della gleba (studenti) come meglio credono, infischiandosene dei loro diritti, pensando solo al loro tornaconto e dimostrando sprezzo e arroganza dall’alto della loro posizione di privilegio! Non è concepibile che un docente universitario, possa arrogarsi il diritto di costringere i suoi studenti ad attese interminabili nella speranza di riuscire a sostenere un esame”.
“Il ‘barone’ non può pensare di suddividere gli esaminandi in più giornate, – ha continuato nella lettera – sottoponendoli a turni meno stressanti e più umani? E invece no, in questo modo dimostra il suo potere di vita e di morte sui suoi sottoposti che umilmente attendono, accalcati nei corridoi dell’ateneo, contendendosi una panca per poter riposare le gambe qualche minuto, e quando proprio la stanchezza prende il sopravvento, stravaccati sul pavimento come mendicanti. Tutto ciò è inammissibile, la dignità di mia figlia non può essere calpestata da nessuno, tanto meno da un dipendente statale che io contribuisco a mantenere, pagando profumatamente le tasse che mi vengono imposte. Il professore chiamato in causa è già stato responsabile in passato di giornate campali di questo genere, e ancora una volta mia figlia si è trovata coinvolta, suo malgrado, in una estenuante attesa terminata oltre le 20 dopo una giornata intera trascorsa nei famigerati corridoi della facoltà. Ma a quanto pare mai nessuno lo ha richiamato all’ordine, per tanto lui come tanti altri, ha continuato a perseverare in comportamenti così dispotici, infischiandosene dell’etica professionale e della correttezza. Adesso il professore se ne andrà meritatamente in quiescenza, a godersi l’agognata pensione, ma dal suo passato lavorativo probabilmente rimarranno solo questi cattivi ricordi nelle mente brillanti dei suoi allievi, malgrado le sue brillanti lezioni”.
“Non è così che funziona,- ha concluso – o per lo meno non dovrebbe funzionare così, ma i fatti ci mostrano tutti i giorni realtà così distorte che sono ormai uso comune verso è opportuno ribellarsi. Infine, vorrei solo fare un invito a coloro che svolgono una mansione importante come questa: avere un atteggiamento più umile nei confronti dei collaboratori e soprattutto degli studenti, pensare di non essere al di sopra delle regole, le regole vanno rispettate da tutti, soprattutto da chi verrà preso come esempio da una moltitudine di giovani, che avrà così una visione alterata della realtà e che in futuro, trovandosi magari dall’altra parte della scrivania, riterrà giusto assumere quel tipo di comportamento nei confronti di chi sarà chiamato a giudicare”.
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