Dall’anno accademico 2004-2005 a oggi il numero di ragazzi della Repubblica popolare cinese iscritti alle nostre facoltà è aumentato di venti volte. La maggior parte studia design, belle arti e musica. “Cercano la creatività che il loro sistema non promuove”.
Non sono solo milioni di euro in investimenti ad arrivare in Italia dalla Cina, ma sembra anche che sempre più giovani studenti cinesi scelgano le università italiane per coltivare i propri talenti artistici e creativi. Dall’Inter alla Pirelli, le aziende italiane in mano a investitori cinesi sono 235, con un totale di 13mila dipendenti. La Penisola, secondo la giornalista Rai Sabrina Carreras e Mariangela Pira di Class Cnbc, è ormai diventata la meta principale degli investimenti cinesi in Europa, ma non solo. Infatti, oltre ai capitali, dalla Repubblica popolare arrivano però anche sempre più studenti interessati alla cultura italiana. Dall’anno accademico 2004-2005 a oggi il numero di ragazzi cinesi iscritti a facoltà italiane è aumentato di venti volte, arrivando a quota 7.375. Ormai sono la maggiore comunità straniera nei nostri atenei, dietro albanesi e rumeni che però sono spesso figli di immigrati. I cinesi, invece, vengono in Italia apposta.A rivelarlo sono le due giornaliste, autrici del libro “Fozza Cina – Dalla Pirelli alla moda al calcio, l’Italia sta diventando colonia cinese? “.
Questo grande flusso ha origine proprio nel 2004, con la visita dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a Pechino, in seguito alla quale sono nati i programmi di attrazione Marco Polo e Turandot, riservato a giovani della Repubblica popolare che vengono a studiare in conservatori, scuole di musica, accademie di belle arti, istituti di design. Nel 2010 è nata poi alla Farnesina una cabina di regia per la promozione del nostro sistema universitario in Cina. Da allora gli arrivi si sono moltiplicati, e non solo nelle grandi università. Le autrici raccontano come ad Alatri, cittadina con nemmeno 30mila abitanti provincia di Frosinone, dal 2015 arrivi un flusso continuo di studenti cinesi.Visto che per iscriversi ai programmi non è richiesta la conoscenza della nostra lingua, inizialmente la maggior parte degli studenti veniva respinta agli esami di ammissione alle università. L’allora presidente del conservatorio di Frosinone ha avuto allora l’idea di una scuola di italiano tagliata sulle loro esigenze, grazie alla quale un numero sempre maggiore di studenti cinesi ha superato i test di ammissione.
Inoltre, Federico Masini dell’Istituto di Lingue orientali della Sapienza di Roma spiega: “La cultura, la formazione e la conoscenza in Cina sono i principali strumenti per acquisire potere, in un senso per noi completamente sconosciuto”.Per diventare persone di successo occorre prendere una laurea, e conseguire altri titoli accademici. Perciò, chi non viene ammesso nelle università della Repubblica popolare, il cui accesso è regolato da un temutissimo esame nazionale (Gaokao), fa di tutto per ottenere un diploma in un ateneo di oltreoceano e poi tornare in patria. Tra questi, c’è un gruppo per il quale l’Italia è sicuramente una seconda scelta rispetto a Paesi come gli Stati Uniti o il Regno Unito, perché costa di meno. Ma ci sono anche i talenti che scelgono la Penisola perché cercano la creatività, la capacità di innovazione attraverso l’immaginazione, che nel sistema educativo cinese, tutto basato sulla memoria e la ripetizione, è tutt’altro che incoraggiata.