È stato un ricercatore 35enne dell’Università di Parma a mettere in discussione la tesi del professore Stoddart, Premio Nobel 2016 di Chimica.
Gabriele D’Avino, uno dei più brillanti studenti del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Parma, ha dimostrato che la tesi dell’illustre professore di Edimburgo, James Fraser Stoddart, sulla ferroelettricità era errata. Proprio D’Avino, e il suo gruppo di ricerca, ha notato che la tesi di Stoddart aveva problemi teorici e sperimentali, scrivendo alla rivista “Nature” l’importante studio sulla ferroelettricità di Stoddart. La stessa tesi del professore scozzese fu pubblicata nel 2012 nella rivista “Nature”.
La rivista a sua volta, dopo aver accertato gli studi del ricercatore 35enne dell’Università di Parma, ne ha pubblicato i risultati, che andavano a smentire gli studi del Premio Nobel 2016. Ma nonostante il responso negativo del gruppo D’Avino, Stoddart, continua ad appoggiare la sua tesi, nonché, l’esistenza della ferroelettricità a temperatura ambiente.
Sulla ferroelettricità per primi sono intervenuti i ricercatori dell’Università di Tokyo, che sono riusciti a scoprire un composto con proprietà ferroelettriche di tipo elettronico; purtroppo, esistente solo a meno 200 gradi centigradi. Così, a seguire, fu il turno dello studio della ferroelettricità a temperatura ambiente, portata avanti nel 2012, alla Northwerstern University (USA), dal professor Stoddart e dal professor Samuel I. Stupp.
I due professori della Northwestern University, sono riusciti a trovare delle proprietà ferroelettriche in 3 composti. Poi nel 23 agosto del 2012, fu pubblicata la scoperta degli studi di Stoddart, sulla rivista “Nature”, con il titolo “Room-temperature ferroelectricity”.
Dopo 4 anni, il professore di Edimburgo vinse il Premio Nobel per la Chimica, grazie alla sua scoperta sulle “macchie molecolari”; mentre proprio i laboratori di ricerca dell’Università di Parma, tendevano a studiare la tesi sulla ferroelettricità a temperatura ambiente. Alla fine del 2016, D’Avino e il suo gruppo, poterono finalmente presentare la loro scoperta, che andava contro gli studi di Stoddart; e solo nel luglio 2017 fu pubblicata la scoperta di D’Avino, sulla rivista “Nature”.
Un grande passo avanti per l’ambito scientifico in Italia, dove proprio le Università hanno dimostrato di poter competere con dei premi Nobel.