Al già grosso problema relativo alla bassa percentuale di laureati si aggiunge la discriminazione che i neodottori percepiscono nei loro confronti.
L’Italia non è più l’ultimo Paese in Europa per numero di laureati. Quella che apparentemente sembra essere una buona notizia è in realtà uno specchio per le allodole dato che nelle statistiche il Bel Paese resta comunque tra quelli del vecchio Continente con la percentuale più bassa. Peggio di noi fa solo la Romania. A dirlo è l’ufficio statistico dell’Ue, al termine dell’analisi dei dati relativi al 2016.
C’è da dire che il nostro Paese comunque è in netta crescita: nel 2002, i trentenni laureati erano il 13,1%, oggi sono il doppio, il 26,2%. Il dato supera l’obiettivo nazionale del 26% ma resta tuttavia lontano dal 40% fissato per la media dei Paesi dell’Unione europea entro il 2020. A laurearsi di più è il gentil sesso: il 32,5% dei laureati è donna contro il 19,9% di uomini.
Insomma la strada sembra essere quella giusta, ma un altro rilevante problema sta emergendo in questi ultimi anni: l’intolleranza nei confronti di chi si laurea.
La libertà d’opinione ai tempi dei social network ha permesso di scoprire come più del 70% degli italiani (ovvero i non laureati) manifestino una specie di soddisfazione per la propria impreparazione che porta i nuovi (pochi) dottori a sentire l’ambito alloro come una colpa, una perdita di tempo che produrrà figure saccenti e antipatiche agli occhi della società.
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