Il giovane catanese Federico Mazzaglia ha partecipato al prestigioso progetto “Fly a Rocket!”, promosso dall’Agenzia Spaziale Europea all’interno del centro spaziale di Andøya, in Norvegia. Unico italiano tra i soli 20 partecipanti di questo progetto di ingegneria aerospaziale rivolto ai giovani talenti di tutta Europa, Federico racconta a LiveUniCT le fasi principali della sua esperienza nel centro aerospaziale norvegese e le riflessioni che ne ha tratto.
- Federico, sei da poco tornato dalla Norvegia dove hai preso parte al progetto promosso dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Ma la tua storia parte dalle pendici dell’Etna. Come pensi che i paesaggi etnei e la città di Catania abbiano influenzato la tua passione per l’esplorazione spaziale?
“La mia passione è nata da un’idea, l’idea che l’universo è troppo grande per non essere esplorato. Sono cresciuto lontano dalla città, onestamente non so dire se il luogo in cui ho vissuto ha in qualche modo influenzato questo mio interesse, che è nato quando da piccolo guardavo in alto incapace di non stupirmi del fatto pur essendoci un’infinità di cose diverse nell’universo, noi fossimo limitati a conoscere e toccare solo quella parte infinitesima che ci circonda”.
- Prima di trasferirti a Pisa per intraprendere il corso di studi in Ingegneria Aerospaziale, hai frequentato il Liceo Scientifico Don Bosco di Catania. Quali sono state le esperienze della tua formazione scolastica a Catania che ti hanno fatto puntare sull’Ingegneria aerospaziale?
“La parte fondamentale della mia formazione che mi ha portato a fare questa scelta non è dovuta alla scuola, ho sempre cercato di capirne di più per conto mio usando il web o altre risorse, le conoscenze che ho acquisito a scuola mi sono tornate utili solo negli ultimi tempi quando ho iniziato ad avere bisogno della matematica per formalizzare quello che conoscevo e passare al livello successivo”.
- Nel sito in cui parli della tua esperienza presso il centro spaziale norvegese di Andøya, racconti dello stupore provato quando l’ESA ti ha comunicato di essere stato selezionato per far parte al progetto “Fly a Rocket!”. Come hai saputo del progetto e cosa ti ha spinto a candidarti?
“Sono venuto a conoscenza del progetto tramite gli account social dell’ESA, in particolare quello dell’ESA education dove vengono pubblicate tutte le iniziative dell’Agenzia. Aspettavo da un po’ che uscisse un progetto a cui poter partecipare, così appena l’ho visto ho pensato di candidarmi”.
- Che consiglio vuoi dare agli studenti che vorrebbero prendere parte ad un grande progetto, ma non riescono a farsi avanti?
“La cosa che ti ferma quando vuoi proporti per un progetto come questo è l’idea che non ti prenderanno mai, che le possibilità di essere scelto sono minime, la verità è che se lasci perdere in partenza dicendo ‘non mi prenderanno mai’ la tua possibilità di essere scelto cala a zero poiché effettivamente non ci hai neanche provato, io quando ho mandato la domanda non credevo che sarei stato preso, invece è andata diversamente; il consiglio che do a chi vuole fare un’esperienza del genere è semplicemente di provarci”.
- Arriviamo al 27 marzo 2017, data del tuo arrivo in Norvegia, stato in cui hai soggiornato per i 7 giorni del progetto. Cosa ti ha impressionato di più dello spazioporto e del lavoro che hai svolto al suo interno?
“Il mio gruppo (‘Science’) era quello che si occupava della simulazione aerodinamica del razzo e abbiamo lavorato con dei dati atmosferici, recuperati da dei palloni aerostatici. Abbiamo anche messo sù una competizione con dei razzi modello vincendo su un altro gruppo, il ‘Rocket Physics’ (naturalmente abbiamo vinto)”.
- Con gli altri 19 studenti selezionati dall’ESA, oltre che a lavorare assieme al progetto per il lancio del razzo “Volare-1”, avete organizzato una “caccia all’Aurora”. Alla fine siete riusciti ad ammirare lo spettacolare fenomeno dell’Aurora Boreale?
“Si, per 2 notti consecutive ci sono state delle aurore molto intense, è stata un’esperienza meravigliosa, nonostante il freddo. I primi 2 giorni il cielo era coperto è non abbiamo potuto vedere nulla, il terzo giorno era un po’ più sereno e siamo riusciti a vedere l’aurora, ma quella veramente intensa si è verificata il 4 giorno. Uno spettacolo incredibile, difficile da spiegare a parole. Bisogna vederlo dal vivo per capirlo”.
- Tu e gli altri ragazzi che avete preso parte al progetto “Fly a Rocket!”, avete ricevuto attenzione da parte di molte persone e tra queste anche quella dell’astronauta dell’ESA Luca Parmitano, anche lui di origini catanesi. Che effetto ti fa ricevere i complimenti di un catanese che ha raggiunto importanti traguardi nel settore aerospaziale?
“È sicuramente un grande onore. Penso che chiunque sarebbe felice di ricevere un messaggio come quello che ci è stato inviato da Luca Parmitano, soprattutto per chi come me e gli altri ragazzi del progetto nutre una passione per quello che riguarda lo spazio, è una bella sensazione, molto bella”.