Una “Task Force per il Classico”, un NO all’eliminazione della traduzione dal greco e dal latino dalle prove di maturità del liceo classico: è questo l’appello che nove professori hanno rivolto al Ministro dell’istruzione e al Presidente della Repubblica, contro la proposta fatta dall’ex Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, di far fuori la traduzione dalle prove di maturità classica. “Avevo proposto di chiamarci Falange Oplitica, ma task force è andato per la maggiore” così racconta Guido Calosi che insieme a Francesco Raineri (un giovane studente universitario come lui), manifestano il loro fervente amore per Omero, curando la comunicazione della “Task Force per il Classico”. Da luglio ad oggi, l’appello è riuscito a raccogliere 13.000 firme, nonché il consenso di persone di spicco come il filologo Luciano Canfora.
Ma perché dunque ostinarsi a tradurre il greco? “Il greco è una lingua filosofica – aveva affermato in precedenza lo stesso Canfora – le parole hanno molti significati, per cui bisogna mobilitare la propria intelligenza per capire qual è quello giusto rispetto al contesto. E dentro la cultura greca c’è tutto: teatro, filosofia, scienza…”. Tradurre è un po’ come assemblare un puzzle: bisogna cercare i pezzi giusti, farli combaciare tra di loro per essere così in grado di avere una chiara visione d’insieme. Luca Ricolfi ha scritto, sul Sole 24 Ore, di aver firmato l’appello non perché teme la decadenza della cultura classica, ma perché non bisogna eliminare dall’istruzione gli esercizi complessi come in precedenza è spesso avvenuto. La sua sembrerebbe dunque una scelta pedagogica, dettata dall’idea di mantenere nell’istruzione quella che, a suo dire, rappresenta l’unica sfida rimasta agli studenti, secondo quel “per aspera ad astra” di un modello di scuola vista come palestra di vita.
Il titolo di una grammatica greca della Palumbo Editore è “I Greci: la lingua e la cultura”, ma non sarebbe nemmeno scorretto dire che per i Greci “la lingua è la cultura”. Molte sono infatti le parole greche traducibili in italiano soltanto con delle perifrasi: agorazein, per fare un esempio, parola che sta per “recarsi in piazza per vedere che si dice” e quindi parlare, comperare, vendere e incontrare gli amici ma può significa però anche uscire di casa senza un’idea precisa, oppure meraki, che si usa quando una persona mette qualcosa di sé in qualsiasi cosa stia facendo. Una lingua che contiene bellezza, pathos, arte, pensiero, miti e vita di un popolo che conquista anche quando viene conquistato come afferma Orazio quando dice “Graecia capta ferum victorem cepit”.
La grecità continua a conquistare ancora oggi come ha fatto con Andrea Marcolongo, un giovane grecista poco meno che trentenne, il quale nel suo libro “La lingua geniale” descrive nove ragioni per amare il Greco. Non solo una Task Force, ma sarebbe necessario anche un atto d’amore verso questa lingua/cultura che ci riguarda così tanto da vicino.
Popolo lungimirante, i greci hanno allineato le pietre sulle quali oggi poggia il muro della cultura occidentale, che per emulazione o per contrasto si è innalzata, inarcuata e congegnata al di sopra delle sue lineari fondamenta. Un popolo teatrale che sposa equilibrio e armonia a passioni e perversioni, spaziando nel pensiero con mente libera dai limiti posti dalla successiva cultura cristiana.
“Il futuro ha un cuore antico” per usare un’espressione di Carlo Levi: sarebbe un vero peccato sbarrare ai giovani l’occasione d’imparare a tradurre bene una lingua che costituisce le stesse radici del mondo occidentale.
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