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Home Attualità

Italia o Francia? Intervista a Federico e Svevo, protagonisti della web serie Ritals

Agrippina Alessandra Novella di Agrippina Alessandra Novella
1 Giugno 2016
in Attualità, Cinema e Teatro, Film Telefilm Serie televisive, Utility e Società
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Svevo Moltrasio e Federico Iarlori forse meglio conosciuti come “Ritals“, dal nome della loro web serie, raccontano a LiveUnict cosa significa essere italiani a Parigi.

ritals

Lo stereotipo dell’italiano oltralpe è noto a tutti. Spaghetti a pranzo e ricerca della pizzeria migliore per una cena fuori, ma nella realtà cosa significa vivere all’estero? Lo abbiamo chiesto a Svevo e Federico che da anni vivono a Parigi e hanno dato vita ad una web serie in cui l’esser italiani si mescola alla vita frenetica del metro parigino.

  • La prima domanda è d’obbligo, chi sono i Ritals? E perché la scelta di questo nome?

Svevo: I Ritals nel senso letterale sono gli immigrati italiani in Francia. Erano chiamati cosi’, con disprezzo, dai francesi sul finire dell’800 e primi ‘900. Ancora oggi capita di sentirci chiamare così, ma ha perso quella valenza negativa in favore di una più bonaria. Quindi quando abbiamo cercato un titolo per la nostra serie c’è sembrato il più adatto. Nel senso pratico noi Ritals siamo io, Svevo Moltrasio, autore, montatore e attore, Federico Iarlori il coprotagonista, e Cristian Zanin, colui che è dietro la camera e si occupa della parte grafica. Inoltre c’è Luca Gaigher che ha fatto la musica della sigla e ogni tanto si occupa anche del suono in presa diretta.

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  • Lasciare l’Italia per trasferirsi in Francia, o meglio Parigi. Perché?

Svevo: Per me è stato abbastanza casuale e non troppo premeditato. Nato e cresciuto a Roma non avrei mai immaginato di lasciarla. Sono venuto a Parigi che avevo già 28 anni. Avevo la mia ragazza di allora che viveva qui e quindi sono venuto giusto per passarci qualche settimana. Il fascino di una vita nuova e la stanchezza dovuta all’immobilismo mio e della mia situazione professionale a Roma mi hanno spinto a restare a Parigi.

Federico: Parigi era il mio sogno fin da ragazzino. Sono cresciuto leggendo i classici degli scrittori francesi, mi sono laureato in letteratura francese e ho fatto il possibile per trasferirmi in Francia. Non è stata una necessità, ma una scelta, insomma.

  • Ancora oggi esiste lo stereotipo del francese che non vede di buon occhio l’italiano, o più in generale lo straniero. Basandovi sulla vostra esperienza parigina cosa potete dirci a tal proposito?

Svevo: Esiste come esiste per noi italiani con gli stranieri. Poi tra la battuta e il pensarlo veramente ce ne può passare. Resta il fatto che ironie sulla nostra pigrizia, voglia di dolce far niente, rumorosità, istinto del rimorchio e via dicendo, le senti quotidianamente.                                                                                      

Federico: In effetti tra italiani e francesi non corre buon sangue. Non solo perché siamo vicini di casa, ma perché siamo entrambi dei popoli latini e inevitabilmente ci scontriamo costantemente sugli stessi campi da gioco: il calcio, la gastronomia, la moda, l’arte, le donne etc. Quindi siamo un po’ nemici giurati. Per quanto mi riguarda il problema non è “l’odio” dei francesi nei confronti degli italiani, ma alcuni pregiudizi che loro hanno nei nostri confronti. Il fatto che siamo mammoni ad esempio o che gli italiani sono maschilisti e vogliono la donna ai fornelli. Insomma una visione arcaicizzante della società italiana rispetto a quella francese.

  • Svevo e Federico, a vedervi davanti alle telecamere sembrate amici da molto tempo, ma vi siete incontrati solo qualche anno fa a Parigi. Com’è nata la vostra amicizia?

Svevo: In un call center della periferia parigina dove abbiamo lavorato entrambi. Facevamo chiamate in italiano in Italia. Io ero a Parigi già da tre anni. In realtà ci siamo incrociati per poco tempo in quel call center e io, che ci lavoravo da prima di lui, inizialmente lo trovavo un po’ fastidioso: stava sempre a parlare, col suo tono di voce alto. Arrivavi lì la mattina alle 8, voglia di lavorare e parlare zero, e trovavi lui sempre su di giri. Poi abbiamo iniziato a conoscerci meglio, ma soprattutto fuori dal lavoro.                            

Federico: Aggiungo che all’inizio l’ho pregato perché mi facesse recitare in un suo film (o corto) e lui mi ha sempre bocciato dicendomi che secondo lui ero troppo egocentrico e casinaro per la disciplina della scena. E invece si è dovuto ricredere. Credo.

  • Qual è stato l’input che vi ha spinti a dare vita a una web serie?

Svevo: Ripetere un’esperienza già fatta l’anno prima per un mediometraggio (Intibah disponibile su Youtube). Un modo come un altro per passare del tempo tra amici. Poi piano piano la cosa ha preso le dimensioni e i ritmi di un lavoro. L’idea della web serie e del tema degli italiani a Parigi, era per avere un format facilmente fruibile per un eventuale pubblico, e per raccontare con ironia la nostra quotidianità parigina. Un modo anche per sdrammatizzare alcune nostre frustrazioni d’espatriati.                      

Federico: Anche in questo caso immagino che Svevo sia stato esauriente. Comunque è ovvio che quando non hai una produzione (quando non hai un euro da investire), il web è l’unico modo per cercare di avere una certa visibilità a costo zero (o quasi). La web serie, un formato che quindi è ben diverso dagli sketch estemporanei di molti youtuber, era il compromesso perfetto per valorizzare le capacità autoriali di Svevo – abituato a scritture elaborate e di ampio respiro – e nello stesso tempo adattarsi alle esigenze della Rete: video brevi, divertenti e facilmente spendibili sui social.

  • Siete stati ospiti alla Sorbonne. Qual è il messaggio che avete voluto trasmettere agli studenti universitari parigini?

Svevo: Nessun messaggio direi. Il piacere di incontrare il nostro pubblico e poter avere uno scambio.

Federico: Non so se ci fosse davvero un messaggio da trasmettere. Spero di aver trasmesso loro la voglia di provare a fare qualcosa. Di scrivere, di inventare, di mettersi in gioco anche se non si hanno soldi o uno sponsor importante alle spalle. La creatività e la qualità sono ancora premiate al giorno d’oggi. Certo, come in tutte le cose serve sempre una buona dose di fortuna.

  • Dalla Sorbonne alle Università italiane, potrebbe essere un “tour” che potrebbe aiutare molti giovani che si interrogano sulla scelta di lasciare l’Italia per trasferirsi all’estero. Avete mai pensato di coinvolgere anche qualche Ateneo del nostro Bel Paese per parlare di presenza e attraverso il vostro lavoro ai giovani?

Svevo: Perché no, ci piacerebbe. Ma fino ad oggi dove siamo andati è dove c’hanno invitati e va detto che gli inviti per ora sono arrivati solo dalla Francia.

  • Roma vs Parigi è stato uno dei vostri ultimi video. Oggi, a distanza di tempo dal vostro arrivo a Parigi, dove vi sentite più a casa e perché?        

Svevo: Mi sento più a casa dove non sono. Quando sono a Parigi sento che casa mia è Roma e viceversa. No, non è vero, quando rientro a Roma mi ci vuole un po’ per riabituarmi ma dopo qualche giorno sento che di nuovo è casa mia.                                                                                                                                                        

 Federico: Per quanto mi riguarda è sempre più difficile dirlo. Sono a Parigi da quasi 6 anni e cominciano ad essere tanti. Quando torno a casa, ovviamente, è sempre una bella sensazione ed è chiaro che mi sento più a casa in Italia che a in Francia. Però devo ammettere che la lontananza inizia a farmi sentire un po’ straniero anche in Italia. E’ strana, come sensazione, ma ho l’impressione che con il passare del tempo io mi senta un po’ straniero dappertutto. Non credo che sia un problema, dopotutto, ma una constatazione doverosa.

Di seguito il primo episodio firmato Ritals: Il bidet!

 

Tags: federico Iarloriitalia franciaitaliani a parigiparigiritalssvevo moltrasiovivere a parigiweb serie
Agrippina Alessandra Novella

Agrippina Alessandra Novella

Classe '92 . “Caffè, libri e tetris di parole”, ha definito la vita così, perché sono queste le tre cose che non devono mai mancarle. Legge da quando ha scoperto che i libri le fanno vivere più vite e sin da piccola scrive ovunque, perché le cose quando si scrivono rimangono. Cresciuta a Mineo è rimasta affascinata dagli scrittori che ivi hanno avuto i natali: Paolo Maura, Luigi Capuana e Giuseppe Bonaviri. Laureata in Lettere Classiche, presso l’Università di Catania, attualmente studia Italianistica all'Alma Mater di Bologna. Redattrice e proofreader per LiveUniCT e membro FAI.

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